La Aninut (tra la Morte e il Lutto) dal Pnei Baruch di Rabbi Haim Binyamin Goldberg



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Traduzione in italiano di Ralph Anzarouth e di Daniel Bally: il sito dei Maestri della Torà porge a Daniel un caloroso benvenuto nel team dei traduttori.


Le regole dell'Onen


Nel lasso di tempo che corre tra il decesso di una persona e la sua sepoltura, il lutto della famiglia non è ancora cominciato: questa situazione intermedia si chiama Aninut: cioè il familiare è un Onen e queste sono le regole che deve seguire fino alla sepoltura. Auguriamo a tutti i fratelli Ebrei di non conoscere mai più questa situazione, come dalla profezia (Isaia 25, 8): "Annienterà la morte per l'eternità; e il Signore Hashem farà sparire la lacrima da tutti i volti ecc."

6. Preghiere, benedizioni etc. che riguardano il periodo della Aninut: nonostante il concetto di Aninut nella Torà riguardi unicamente il divieto di mangiare Maaser, Bikkurim e altri alimenti classificati ritualmente come Kodashim, ciononostante i Maestri hanno decretato per l'Onen altri divieti come segue:


7. È vietato a lui (e a chiunque) di mangiare di fronte al morto: si mangerà in una stanza separata. Nel caso in cui non ci sia un'altra stanza, si mangi a casa di qualcun altro. Se non sia disponibile la casa di nessuno, si frapponga una separazione, anche un semplice lenzuolo, purché sia alto circa un metro [10 Tefachim] e sia abbastanza stabile da sopportare un vento normale. E se pure questo risultasse impossibile, che si mangi voltando le spalle al mortoa.


Non ci si disponga a mangiare allo stesso modo in cui si è soliti consumare il proprio pasto principale, a tavola o sdraiatib. E il Talmud Yerushalmi precisa che non si mangi né si beva a sazietàc e che si evitino [cibi contenenti] carne e vinod.


È altresì vietato coricarsi o dormire su un letto, quand'anche fosse rovesciato: ci si sieda e si dorma per terrae: alcuni suggeriscono una lettura più permissiva di questa norma.


8. Alcuni suggeriscono che si lavano le mani per il pasto senza pronunciare la benedizionef "Al Netilat Yadayim", né in seguito si dicono le benedizioni di "Hamotzi" sul pane e quelle che seguono il pasto. Si compia l'abluzione [delle dita] successiva al pastog. Anche dopo essersi recato in bagno per le proprie necessità, l'Onen si lavi le mani senza pronunciare la benedizioneh "Asher Yatzar". E se invece l'avesse comunque pronunciata, non gli si rispondei "Amen". Pure gli altri non possono pronunciare la benedizione in vece sua e lui non può rispondere "Amen" alle loro benedizionil. Non lo si conta tra i dieci del Minyan. m


9. L'Onen è esentato dalla lettura dello Shemà, dalla preghiera, dai Tefillin e da tutte le Mitzvot [positive] prescritte dalla Toràn. Tuttavia deve rispettare tutti i divieti, siano essi della Torà o rabbinici. Se la sepoltura ha luogo all'indomani [del decesso] e l'Onen va a dormire, egli ha l'obbligo di recitare lo Shemà e di pronunciare la benedizione "Hamapil" quando si corica.


10. Alcuni dicono che l'Onen è esente da tutte le Mitzvot [positive] perché chi è occupato a compiere una Mitzvà1 è esente [temporaneamente] da ogni altra Mitzvà. Secondo questa motivazione, se decide di imporsi ugualmente le Mitzvot, ne ha il diritto. Altri invece sostengono che il motivo dell'esenzione sia il rispetto verso il defunto o la necessità di evitare che non ci sia nessuno a occuparsi del defunto. E la Halachah decretata nello Shulchan Aruch (341, 1) non consente di occuparsi di altre Mitzvot.


11. È permesso recitare salmi in presenza del mortop e c'è chi lo permette anche all'Onen nel caso in cui altri si stiano già occupando [della Mitzvà]. L'uso vuole che l'Onen pronunci il Kaddish per la prima volta al momento del funerale; è permesso pronunciare un discorso funebre anche durante Shabbat e i giorni festivi; l'Onen può recarsi in Sinagoga per recitare il Kaddish, per esempio se è già in lutto2 o per l'anniversario di un [altro] defuntoq.


12. Quando l'Onen si reca al cimitero, non pronuncia la benedizione rituale "Asher Yatzar Etchem Bedin", anche nel caso in cui non avesse visto tombe negli ultimi trenta giorni3. E anche successivamente alla chiusura della tomba, quando si conclude il periodo della Aninut, non si pronuncia questa benedizione.


13. Chi ricevesse la notizia della morte4 dopo aver cominciato la lettura dello Shemà o la preghiera della Amidà o le benedizioni che seguono il pasto, che completi la benedizione già cominciata e interrompa la preghiera. E nel caso in cui non avesse ancora cominciato la Amidà, che si interrompa anche se si trova già tra la lettura dello Shema e la Amidà stessa. Ma a priori, nel caso in cui si trovano altre persone che possono occuparsi del morto, che non lo si avverta prima della conclusione dell'intera preghiera.


14. Chi fosse diventato Onen prima del tempo fissato per la preghiera di Arvit (quindi non prega né Arvit né eventualmente Shachrit del giorno successivo, prima della sepoltura) pregherà Shachrit dopo la sepoltura, sempre che sia ancora in tempo utile per farlo5; e non pregherà una seconda preghiera per recuperare l'Arvit [della sera precedente]. Allo stesso modo, se la sepoltura non ha luogo prima della metà del giorno, pregherà solamente la preghiera di Minchà e non pregherà una seconda preghiera per recuperare Shachrit. Ma se il decesso avviene di notte, quando è già cominciato l'orario valido per recitare la preghiera di Arvit, ne reciterà due il giorno successivo dopo la sepoltura: cioè la prima per Shachrit e la seconda per recuperare Arvit. Così pure se il decesso avviene di mattina quando già è cominciato l'obbligo della preghiera di Shachrit e la sepoltura avviene dopo la metà del giorno, si devono recitare [dopo la sepoltura] due preghiere: cioè la prima per Minchà e la seconda per recuperare Shachrit.


15. Chi fosse Onen durante il tempo preposto per la lettura dello Shemà e una volta terminata la sepoltura fosse già trascorso il primo quarto del dì6 (che è il tempo durante il quale va letto lo Shemà) ha comunque la possibilità di leggere lo Shemà e le relative benedizioni fino al termine del primo terzo del dì. Ma nel caso in cui il primo terzo del dì è già passato, l'Onen ha tutto il giorno per leggere lo Shemà senza le sue benedizioni; alcuni permettono la lettura delle Berachot fino alla metà del dì.


L'Onen può anche pregare la Amidà a posteriori fino a metà del dì, ma non oltre questo limite7. E riguardo all'eventuale recupero, si veda nuovamente il paragrafo 14.


16 Durante il primo giorno8 è vietato all'Onen durante tutta la giornata di mettere i Tefillin, anche se si tratta unicamente del giorno della sepoltura e non del giorno della morte (per esempio, quando la sepoltura è rinviata all'indomani9). Alcuni dicono invece che vanno messi nel giorno della sepoltura; alcuni li mettono in privato, senza benedizione.


Se la Aninut dura dall'alba fino a oltre la quarta ora del giorno10, l'Onen non pronuncia le benedizioni dell'alba perché all'ora dell'obbligo era esente: questo vale eccezione fatta per la benedizione per la Torà e le tre benedizioni Shelo Asani Goi, Aved e Ishà, che può dire in qualunque momento della giornata. E deve anche dire il brano sull'uscita dall'Egitto, anch'esso in qualsiasi momento della giornata.

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Note dei traduttori:
[1] Ovviamente, la Mitzva cui è occupato l'Onen è la sepoltura del suo defunto, occupazione che in quel momento ha la priorità sulle altre.
[2] Se è già in lutto per un altro morto, che Hashem ne scampi tutto il Popolo Ebraico.
[3] Si è generalmente esenti dal pronunciare questa benedizione quando si ha già avuto l'occasione di farlo nel corso dei trenta giorni precedenti.
[4] Si tratta ovviamente della scomparsa di un parente per il quale si diventa Onen: consultare al riguardo una autorità rabbinica competente.
[5] Consultare uno degli appositi calendari per conoscere le ore limite delle preghiere di quel giorno. Se ne possono trovare di seri e precisi anche su Internet: il più famoso è probabilmente Kaluach Zemanim. Bisogna fare attenzione a indicare con esattezza la data e il luogo per il quale si cercano le informazioni. Il nostro augurio è che questa ricerca si limiti sempre alle buone occasioni.
[6] Calcolato dall'alba al tramonto, così come il terzo e la metà del giorno.
[7] Si intende qui la Amidà di Shachrit.
[8] Il testo non lo precisa, ma si suppone che si tratti del primo giorno di Aninut e il seguito della spiegazione sembra darci ragione.
[9] Pur non essendo l'argomento del testo, questa parentesi ci invita a una importantissima precisazione valida per tutti gli Ebrei: è necessario e doveroso fare il massimo per seppellire il defunto il più presto possibile, nelle primissime ore dopo il decesso; perciò solo cause di forza maggiore possono ritardare la sepoltura. E certamente non si aspetta l'arrivo di parenti dall'estero o altre considerazioni esterne di questo tipo: l'onore del defunto ha ovviamente la precedenza davanti all'onore dei vivi.
[10] Anche qui, si calcola la quarta ora dividendo il giorno (dall'alba al tramonto) in dodici parti uguali: si avranno così ore di diversa durata a seconda delle stagioni dell'anno.
Note dell'autore:
[a] Shulchan Aruch, Yoré Deà 344, 4
[b] ibid.; Shach par. 6.
[c] Talmud Yerushalmi, trattato Berachot, cap. 3 Halachà 1; e si veda il Bet Yossef.
[d] Shulchan Aruch, ibid.
[e] Shulchan Aruch, Yoré Deà 344, 5
[f] Pirké Teshuvà, ibid. par. 4
[g] Pirké Teshuvà 341, 2
[h] Aruch Hashulchan ibid. par. 10
[i] Aggiunta di Rabbi Shneur Zalman Auerbach Shlita
[l] Shulchan Aruch, ibid. par 1
[m] Ghilion Maharsha
[n] Shulchan Aruch, ibid. par 1
[p] Perché questo è un onore per il defunto
[q] Mishnà Berurà, Orach Chaim 71, 7; e infra 39, 10

Questo brano è tratto dal Pné Baruch di Rabbi Haim Binyamin Goldberg, un rabbino di Gerusalemme che ha compilato questa raccolta di Halakhot riguardanti il periodo del lutto. Rav Goldberg ci ha cortesemente autorizzati a tradurre e pubblicare questo breve passaggio. La pubblicazione di questo testo è dedicata all'elevazione dell'anima di Simantov ben Ester, deceduto il 25 di Shevat e sepolto il 27 di Shevat, tre settimane fa: che possa riposare nel Gan Eden con gli altri giusti del Popolo Ebraico.

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