L'Istituzione della Preghiera (Tefillà) – Rabbenu David Abudarham



Traduzione di Ralph Anzarouth


BS"D


[...] E nella Torà non è indicato neppure un numero fisso di Tefillot (preghiere); invece, ogni individuo deve pregare con la massima devozione quando lo desidera: che [preghi] poco o tanto, la sua Tefillà sarà ben accolta e accettata [dal Signore].


E fu così fin dai tempi del nostro Maestro Mosé fino a quando avvenne la distruzione del nostro Santo Tempio, la casa del nostro splendore, e il popolo ebraico fu esiliato tra i popoli del mondo per via del suo peccato e delle sue malefatte. E si mescolò con quei popoli, come è scritto (Salmi 106, 35): "E si mescolarono con i popoli e appresero i loro costumi". E nelle loro terre nacquero i loro figli e questi figli che vennero dopo di loro parlavano una lingua corrotta e mischiata alle lingue straniere: moabita, ammonita, edomita, sidoneo, ittita, come è detto (Nechemià 13, 24): "Metà dei loro figli parla la lingua di Ashdod e non sanno parlare la lingua ebraica; usano invece quella di vari altri popoli". E nemmeno uno di loro sa pregare ed esprimersi in modo sufficiente in lingua ebraica, se non in maniera distorta e commista alla lingua straniera, e [fu così che] la lingua della verità scomparse e fu cancellata dalla faccia della terra.


E quando i membri della Knesset Haghedolà (la Grande Assemblea) videro questa grande disgrazia, dissero: "Andiamo, procediamo alla luce del nostro Signore e compensiamo i tori con le nostre labbra1, noi e tutta la nostra gente, trasformiamo la preghiera chiamata Avodà (servizio [di D-o]), la cui locuzione è difficoltosa, in un linguaggio che sia chiaro e in un testo che sia corto, puro, limpido e appropriato, depurato dalle scorie delle lingue straniere, affinché esso sia facile per la lingua e scorrevole per la bocca, tanto che pregheremo tutti in una sola lingua e con lo stesso testo."


E si riunirono tutti e decretarono di pregare2 davanti a Colui che vive in eterno [recitando] diciotto benedizioni3 per tre volte al giorno. E per il giorno dello Shabbat, le tre feste4 e il giorno di Kippur istituirono sette benedizioni anziché diciotto. E per Rosh Hashanà (il capodanno ebraico) istituirono sette benedizioni per le preghiere di Shachrit, Minchà e Arvit – e nove benedizioni per la preghiera di Mussaf (addizionale). E per i giorni di digiuno fissarono 24 benedizioni per il solo ufficiante. E stabilirono anche numerose benedizioni e altre preghiere, che scorrono fluide nelle bocche di tutto il popolo ebraico, affinché i termini di ogni benedizione siano predisposti nelle bocche di tutte le generazioni in un linguaggio semplice, vivido e gradito.



Tratto dall'Abudaram Hashalem, inizio della seconda parte. Rabbi David ben Yossef Abudarham, allievo del Baal Haturim, visse sette secoli fa. Il suo testo sulle preghiere fu molto apprezzato dai successivi Maestri della Torà, per esempio da Rabbi Yossef Caro, che lo considerava esperto nelle tradizioni e affermava che si può contare su ciò che è riportato nei suoi scritti.

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Note del Traduttore:
[1] Dopo la distruzione del Santo Tempio le parole delle nostre labbra, cioè le nostre preghiere, hanno sostituito i tori e le altre offerte tradizionali che ci sono state comandate dalla Santa Torà e che sono diventate inattuabili, almeno fino alla costruzione del Terzo Tempio, presto e nei nostri giorni, con la venuta del giusto Messia.
[2] Si veda il Talmud Bavli, trattato Berachot, foglio 33a.
[3] Più tardi portate a diciannove benedizioni, con l'aggiunta di quella che chiede la repressione dei nemici.
[4] Pesach, Shavuot e Sukkot.

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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Abudaram Hashalem, Rabbi David Abudarham, traduzione di Ralph Anzarouth
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