Il Peccato di Eva – da "Shem Mishmuel" di Rabbi Shmuel ben Avraham di Sochotchov



Traduzione di Ralph Anzarouth


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"Ma del frutto dell'albero che è nel mezzo del giardino, D-o ha detto 'non lo mangerete né lo toccherete, altrimenti morrete' (Genesi 2, 3)"

Commento di Rashi: "[Eva] aggiunse [qualcosa] all'ordine di D-o, perciò finì per sottrarre, come disse [il re] Salomone (Proverbi 30, 6): 'Non aggiungere alle Sue parole'."

E bisogna vederci chiaro: prendere abbondanti precauzioni [quando si compiono precetti di D-o], non è forse un nostro dovere, un'azione positiva e un comandamento che abbiamo ricevuto? E quindi, [si dovrebbe invece dire che Eva] ebbe ragione ad aggiungere [il divieto di] toccare [l'albero], al fine di non cadere nella [trasgressione di] mangiarne [il frutto]. [...] E allora, in che peccato è incorsa, quando ha aggiunto al comandamento [anche il divieto di toccare l'albero]1?


E infatti, nel libro Avot Derabbi Natan, riguardo a quanto detto dai membri della Knesset Haghedolà (Grande Assemblea) nelle Massime dei Padri (Avot 1, 1): "e fate una siepe intorno alla Torà", è scritto (Avot Derabbì Natan 1, 5): "Fai una siepe intorno alle tue parole, così come il Santo, benedetto Egli sia, fece una siepe intorno alle Sue parole e Adamo, il primo uomo, fece una siepe intorno alle sue parole. [...] Quale siepe fece Adamo, intorno alle sue parole? Poiché è detto (Genesi 2, 17): "E non mangerai [del frutto] dell'albero della conoscenza del bene e del male ecc.". Adamo non voleva riferire a Eva la stessa frase che gli era stata detta dal Santo, benedetto Egli sia, invece le parlò così, facendo una siepe intorno a ciò che gli era stato detto dal Santo, benedetto Egli sia: " Ma del frutto dell'albero che è nel mezzo del giardino, D-o ha detto 'non lo mangerete né lo toccherete, altrimenti morrete'." In questo modo, intendeva proteggere sé stesso ed Eva dall'albero, [evitando] perfino di toccarlo." Fine della citazione [da Avot Derabbi Natan].


E sarebbe una forzatura affermare che questi sono Midrashim contrapposti, e anche se lo facessimo ci troveremmo in difficoltà nel conciliare la Mishnà delle Massime dei Padri con il commento di Rashi, e anzi saremmo in difficoltà anche con il versetto di [re] Salomone (Proverbi 30, 6): "Non aggiungere alle Sue parole".


E mi sembra possibile fornire una spiegazione in grado di conciliare tutte le parole dei Maestri. Cominceremo con la premessa del "Panim Yafot", secondo la quale [Eva] disse "altrimenti morrete" come una possibilità, cioè che questo era quanto aveva sentito da Adamo, la cui intenzione era di [di avvertire] che il toccare [il frutto] avrebbe potuto suscitare la tentazione di mangiarlo. Ed egli temeva che [Eva] ne mangiasse, con conseguenze mortali; e l'omissione di Adamo era che avrebbe dovuto dire che la morte sarebbe stata solo un'eventualità, se avesse toccato [il frutto] e una conseguenza inevitabile, se invece lo avesse mangiato. E la donna poté così cadere nell'errore [di pensare] che la parola "Pen", che indica possibilità, si riferisse anche all'atto di mangiare, per via del fatto che l'atto stesso di mangiare fu vietato solo per l'eventualità che in seguito si sarebbero forse resi colpevoli di idolatria, unioni proibite e spargimento di sangue, poiché l'albero della conoscenza del bene e del male avrebbe immesso in loro lo "Yetzer Harà" (l'istinto malvagio), che spinge a commettere quei [peccati]. E il serpente non disse loro che sarebbero certamente morti, bensì sollevò questa ipotesi come spiegato poc'anzi; e che, in ogni caso, la scelta rimarrebbe nelle mani [di Adamo ed Eva]: "Anche se ne mangerete, ciononostante farete attenzione a non commettere peccati." E le parole dei saggi sono gradevoli.2 E bisogna aggiungere alle sue spiegazioni che il serpente promise loro un merito supplementare perché [...] "adesso che non avete ancora lo Yetzer Harà, non ricevete alcuna ricompensa per la vostra rinuncia a idolatria, unioni proibite e spargimento di sangue; ma quando mangerete e lo Yetzer vi tenterà, e malgrado ciò vi asterrete [dal peccato], allora otterrete una ricompensa completa" (e si vedano gli esempi nel Talmud Bavli, trattato di Kiddushin 39b).


Ma il testo di Avot Derabbi Natan, citando la Torà, come ricordato in precedenza, dice che [Adamo] si era comportato correttamente e aveva fatto una siepe intorno alla Torà, e quindi [la nostra obiezione] non ha ancora trovato risposta; e per di più, colui che ha aggiunto e [perciò anche] sottratto sarebbe Adamo, mentre secondo Rashi e il Misdrash fu Eva ad aggiungere, e pertanto [le spiegazioni esposte] sono ancora divergenti.


E ci sembra di poter dire che ciò che Adamo aveva fatto era effettivamente corretto, e l'errore che Eva commise fu nei Teamim3. Cioè, nella [sua] frase "non lo toccherete" la nota è una "Atnachta"4; e perciò il seguito "affinché non moriate" si riferisce a tutto ciò che lo precede, cioè sia all'atto di mangiare sia a quello di toccare [il frutto]. Mentre invece l'intenzione di Adamo era quella di collocare l'Atnachta sulle parole "e non ne mangerete", senza aggiungere alcuna motivazione al divieto di mangiare, poiché in effetti il peccato stesso, con il quale si trasgredisce la parola di D-o, è già in sé peggio di qualsiasi punizione, perché [in realtà] le punizioni non sono altro che "Tikkunim" (riparazioni). Ciò è simile all'esempio di un dottore che somministra una medicina amara al malato per guarirlo, perché è meglio sopportare il sapore amaro dello sciroppo piuttosto che perdere la vita!5 Mentre invece il peccato in sé è più amaro della morte! E perciò Adamo non aveva l'intenzione di rivelare a Eva la punizione [per il divieto di mangiare]: dire che D-o benedetto aveva ordinato di non mangiare [i frutti di quell'albero] avrebbe dovuto essere sufficiente. Ma riguardo al toccare, che era una siepe fatta da lui stesso intorno alle parole [di D-o], le disse "affinché non moriate", perché il toccare avrà come conseguenza ulteriore la morte, che D-o ce ne scampi. Ed Eva commise un errore nell'ascolto e pensò che l'Atnachta si trovasse sulle parole "E non lo toccherete", così come è scritto nei nostri testi e perciò l'avvertimento "affinchè non moriate" includerebbe anche l'atto di mangiare6. E il serpente, che udì Eva porre l'Atnachta sulle parole "e non lo toccherete", si affrettò [ad approfittare del suo errore e] a spiegare che "non è certo che morrete, anzi si tratta solo di una possibilità" ecc., si veda sopra.


E ora, Avot Derabbì Natan ha avuto ragione nella sua affermazione, perché Adamo parlò veramente così e fece bene a fare una siepe intorno alla Torà, non commettendo con ciò alcun peccato, perché pose l'Atnachta sulle parole "e non ne mangerete".7 E quando Rashi e il Midrash affermano che Eva aggiunse al comandamento [di D-o], si riferiscono al fatto che ponendo l'Atnachta sul termine "toccare", unì [di fatto] l'atto di toccare a quello di mangiare8 ed è questo ciò che dice Rashi quando scrive "perciò finì per sottrarre": Eva aggiunse [un livello] all'atto di toccare, apparentandolo a quello di mangiare, al punto da considerare gravemente il divieto di toccare, alla stessa stregua di quello di mangiare, diminuendo di fatto la gravità del mangiare e trattandolo di fatto solo come una precauzione e non come il punto cruciale del divieto stesso.


E bisogna anche dire, secondo le parole di Rambam (Maimonide: Mishné Torà, Leggi sugli Apostati, fine del secondo capitolo), che riguardo a tutti i decreti e alle "siepi" [fatte intorno ai divieti della Torà], colui che dice che essi traggono la loro origine dalla Torà trasgredisce il divieto di "non aggiungere". Deve invece dire e precisare ciò che è [comandato] dalla Torà e ciò che è invece un decreto [rabbinico]. Per esempio, se qualcuno vieta [di cucinare insieme] pollo e latte dicendo che il pollo fa parte del divieto biblico come l'agnello9, costui trasgredisce il precetto di "non aggiungere". Deve invece dire e spiegare che la carne del pollo è permessa dalla Torà con il latte, ma noi la vietiamo e comunichiamo alla gente che si tratta di un decreto, il cui scopo è quello di evitare il rischio di commettere una trasgressione, pensando magari che così come il pollo che non è citato esplicitamente [nel divieto della Torà] è permesso, così gli altri animali lo sono10. E secondo questo ragionamento Adamo, che aveva posto l'Atnachta sulle parole "e non ne mangerete", separando in questo modo il divieto di toccare da quello di mangiare, non ha trasgredito il divieto di "non aggiungere"; invece Eva, che mise sullo stesso piano il divieto di toccare e quello di mangiare, trasgredì il divieto di "non aggiungere".

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Note del traduttore:
[1] Si ricordi che il comandamento originale vietava solo di mangiarne i frutti. Chi avesse dimenticato i dettagli di questa storia può rileggere i primi versetti del terzo capitolo della Genesi.
[2] Citazione di Kohelet (Ecclesiaste 10, 12). Sembra chiaro che qui l'autore si riferisca al Panim Yafot ed alla sua spiegazione, che ci sarà utile per meglio capire la soluzione definitiva che verrà esposta in seguito.
[3] Le note di canto che accompagnano il testo per indicare il tono della lettura.
[4] L'Atnachta è un segno che marca una pausa, sia nel tono che nel senso della frase.
[5] Così la punizione divina non è altro che uno sciroppo amaro il cui compito è quello di riparare la colpa commessa: e quindi è un bene per l'uomo, come una medicina.
[6] Allo stesso livello dell'atto di toccare. Spostando la pausa qualche parola più avanti, il senso della frase è ora stravolto.
[7] Separando quindi l'atto di mangiare da quello di toccare.
[8] Come se la natura dei due divieti fosse identica, mentre invece il primo è una precauzione per evitare di trasgredire il secondo, che è invece di origine divina.
[9] La Torà usa il termine "agnello" nei tre versetti che vietano di mescolare carne e latte (ogni versetto indica un aspetto a sé stante di questo divieto).
[10] E invece molti di loro sono vietati con il latte, anche se non vengono citati esplicitamente.

Tratto da "Shem Mishmuel" di Rabbi Shmuel di Sochotchov, parashà di Bereshit, discorso dell'anno 5678. Si ringrazia il caro amico e compagno di studi D. per averci segnalato questo testo.
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