'Kadosh' dallo Shulchan Arukh Harav di Rabbi Shneur Zalman di Liadi detto Admor Hazaken



BS"D

Traduzione di Ralph Anzarouth (con la collaborazione di Yaakov Shalem) per i lettori di ‘Maestri della Torà’


Kadosh Kadosh Kadosh


E al momento di dire "Kadosh Kadosh Kadosh" si usa levare gli occhi al cielo ed è preferibile tenerli chiusi1.


E si usa anche muovere il corpo e sollevarlo da terra. E a dar credito a questo Minhag2 è il Sefer Hekhalot3 [che dice]:

"Siete benedetti!
A Me il cielo e i Yordé Merkavà4:
se direte e racconterete ai Miei figli5 ciò che Io faccio mentre loro [Mi] santificano dicendo "Kadosh Kadosh Kadosh". Insegnate loro che i loro occhi siano rivolti verso l'alto, verso la meta delle loro preghiere; e che si sollevino, perché niente Mi dà soddisfazione quanto quel momento in cui i loro occhi sono rivolti verso i Miei occhi e i Miei occhi [sono rivolti] verso i loro occhi; e in quel momento Io impugno l'immagine di Giacobbe6 sul Mio trono di gloria, l'abbraccio e la bacio, Mi ricordo dell'esilio [degli Ebrei] e anticipo la loro redenzione.

E dissero nel Midrash, [riguardo al versetto di] (Isaia 6, 2): "E due [ali7 servivano] a volare": per via di questo [passaggio, I Maestri] disposero che ci si sollevi quando si dice "Kadosh Kadosh Kadosh". Ma non come fanno quelli che balzano e sobbalzano.


E c'è chi ha [ricevuto] una tradizione di sollevare il corpo e i talloni [anche quando dice8] "Barukh" e "Yimlokh", proprio come [quando dice] "Kadosh".


E c'è chi usava, per motivi a lui noti, inchinarsi dicendo "Barukh" e "Yimlokh", raddrizzandosi al momento di [pronunciare il Nome di] Hashem, e non si trasgredisce in questo modo il divieto di inchinarsi nei passaggi non stabiliti dai Maestri, così come non si trasgredisce questo divieto inchinandosi in mezzo alle diciotto benedizioni, per motivi che abbiamo spiegato nel capitolo 1139.


E che si faccia attenzione, quando si recita la Kedushà con l'ufficiante, a disporre le proprie gambe come descritto nel capitolo 95.

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Note del traduttore
[1] La "Kedushà" è uno dei momenti più importanti della ripetizione della preghiera della Amidà (le diciotto benedizioni) e di tutta la preghiera ebraica in generale, inclusa la frase che comincia con "Kadosh Kadosh Kadosh" (cioè "Santo, Santo, Santo", riferito a Hashem) che viene recitata da tutti i presenti in coro.
[2] Il Minhag è il rito ebraico.
[3] Il "Sefer Hekhalot", detto anche "Pirké Hekhalot", è un antichissimo libro di Kabbalah attribuito a Rabbi Yishmael ben Elisha Kohen Gadol e di cui alcune parti sono riprese nello Zohar. Abbiamo trovato questa citazione con qualche variazione tra la fine del capitolo 10 e l'inizio del capitolo 11.
[4] Espressione Kabbalistica. L'abbiamo lasciata invariata perché questo non è il luogo adatto né per tradurre né per spiegare i termini di Kabbalah (in ogni caso l'espressione è ininfluente per la comprensione del brano).
[5] Gli Ebrei, che la Torà chiama "figli di Hashem" (Deut. 14, 1).
[6] L'immagine del nostro patriarca Yaakov è scolpita sul trono celeste.
[7] Isaia evoca una sua visione del Signore seduto sul trono celeste attorniato dai serafini, dei quali fornisce in questo versetto una descrizione. La scelta di questo versetto non è certo casuale, visto che in quello successivo (Isaia 6, 3) i serafini si rivolgono l'un l'altro proprio con la frase della Amidà che discutiamo in questo passaggio dello Shulchan Arukh: "Santo, Santo, Santo, Hashem Tzeva-ot, tutta la terra è piena della Sua gloria!"
[8] Sono le due frasi che seguono "Kadosh Kadosh Kadosh": esse dicono rispettivamente "Benedetta sia la gloria di Hashem dal Suo luogo" e "Hashem regnerà per sempre, il tuo Signore, Tzion, di generazione in generazione, sia lodato l'Eterno".
[9] Forse non tutti sanno che i Maestri hanno disposto che ci si inchinasse solamente all'inizio e alla fine della prima delle diciotto benedizioni e all'inizio e alla fine della benedizione di "Modim". Il motivo di questa decisione è che si teme che permettendo di aggiungere inchini facoltativi, la gente venisse a pensare che anche i primi due e gli ultimi due siano facoltativi anziché obbligatori, con il rischio di ometterli. Comunque, questa limitazione esclude solamente l'inizio e la fine delle altre benedizioni, non la parte centrale di ognuna di esse; allo stesso modo essa non concerne la Kedushà, oggetto di questo capitolo, durante la quale è permesso inchinarsi come alcuni usano fare.

Rabbi Shneur Zalman di Liadi visse due secoli fa e fu il fondatore della Hassidut Chabad Lubavitch. Rabbi Shneor Zalman di Liadi è conosciuto anche con il nome di Admor Hazaken, Alter Rebbe e Baal Hatanya. Scrisse il Tanya e l'adattamento dello Shulchan Arukh chiamato "Shulchan Arukh Harav" da cui è tratto questo breve passaggio, il terzo paragrafo del capitolo 125. Lo Shulchan Aruch è il codice di Halachà (la legge ebraica) che regola ogni aspetto della vita ebraica. L'Admor Hazaken fu anche il redattore del Siddur Tehillat Hashem, basato sulla versione del santo Ari Zal (Rabbi Yitzchak Luria Ashkenazi) e tuttora in uso in moltissime comunità in tutto il mondo.

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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Shulchan Arukh Harav, Rabbi Shneur Zalman di Liadi, traduzione e note a cura di Ralph Anzarouth
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