Le Leggi della Maldicenza - Chafetz Chaim - Arurin - R. Israel Meir Hacohen Kagan


BS"D


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Traduzione di Ralph Anzarouth e Raphael Barki




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Traduzione di Ralph Anzarouth e Raphael Barki


BS"D


E ora chiariremo con l’aiuto di D-o ciò che ci siamo proposti di elencare all’inizio dell’introduzione, [e cioè] quante maledizioni attira su di sé colui che non si astiene da questo pessimo difetto.

  1. Oltre a tutti i precetti negativi e positivi esposti in precedenza, si trasgredisce (Deuteronomio 27, 24): «Maledetto colui che colpisce il prossimo di nascosto», che si riferisce alla lashon harà', com’è scritto nel Sifri* e nel commento di Rashì al Pentateuco.

  2. Si trasgredisce anche (Deuteronomio 27, 18): «Maledetto chi fa deviare un cieco dal cammino», poiché è noto che l’intenzione del testo è di maledire chi tende un tranello al prossimo e lo induce così a trasgredire un divieto, alla stessa stregua del precetto negativo (Levitico 19, 14) «Non porre un ostacolo davanti a un cieco». E si è già chiarito in precedenza, nel par. 4 dei Precetti Negativi, che anche [il maldicente] rientra in questa categoria, si consulti colà.

  3. E se, D-o ce ne guardi, la lashon harà' diventa per qualcuno completamente priva di limiti, che non accetta di guardarsene, costui trasgredisce inoltre una terza maledizione (Deuteronomio 27, 26): «Maledetto chi non rispetta le parole di questa Torà e omette di metterle in pratica», che si riferisce a chi non accetta di rispettare tutta la Torà, e viene definito per questo motivo un “eretico a proposito di un argomento” poiché trasgredisce sfacciatamente questo grave divieto e abbandona completamente questa parte della Torà di D-o, così come fa l’eretico nei riguardi di tutta la Torà, e perciò il suo peccato è insostenibile. Abbiamo quindi enumerato tre maledizioni in cui si incorre di frequente attraverso questo pessimo difetto.

E se, D-o ce ne guardi, la lashon harà' è pronunciata verso il proprio padre o la propria madre, si trasgredisce una quarta maledizione (Deuteronomio 27, 16): «Maledetto chi disprezza suo padre e sua madre», come spiegato in precedenza al par. 10 dei Precetti Positivi, sia nella Fonte di Vita che nel Pozzo d’Acqua Vivente, si consulti colà.


Ed è noto il brano del Talmud Bavli, Shevuot (36a): «L’anatema (lett. arùr) include sia la maledizione (lett. kelalà) sia l’allontanamento (lett. niddùi) ecc.». Perciò ogni persona che sappia di non essere ligia nell’astenersi da questo amaro peccato deve temere per sé stessa: forse, che D-o ce ne guardi, è considerata “allontanata” dal tribunale celeste per questo motivo, similmente a quanto scritto nel Sefer Charedim riguardo a chi disprezza padre e madre, si consulti colà.


E altri gravi tormenti vengono provocati da questo amaro peccato di lashon harà', come il pessimo difetto della crudeltà, e l’ira, che è un peccato grave, come i nostri Maestri hanno spiegato con veemenza nel Talmud Bavli (Shabbat 105b), e a volte si giunge in questo modo anche alla frivolezza e ad altri simili e spregevoli difetti. Quindi, oltre a tutto quanto esposto in questa introduzione, dalla quale si può capire quanti siano i danni provocati da lashon harà' e rekhilut, la Torà ha precisato specificatamente questo divieto [della lashon harà'], e gli ha dedicato un precetto negativo specifico (Levitico 19, 16): «Non commettere delazione tra il tuo popolo», in più rispetto a tutti i gravi difetti, come esposto all’inizio dell’introduzione, che termina qui.


E chiedo al mio amico lettore di leggere più volte questa introduzione, perché essa è certamente utile a questo riguardo sul [comportamento] futuro più di ogni altra cosa, perché è compilata seguendo i testi dei primi Maestri, le cui parole sono pure e sante, ardono come torce; e gli stessi primi Maestri si sono certamente astenuti completamente da questo pessimo difetto, perciò le loro parole hanno molto effetto sulla sensibilità di chi le legge. E il lettore sappia che non ho preso a caso i precetti negativi e positivi, bensì ho ben studiato e ricercato i 613 precetti, e ho fatto molti sforzi finché il Santo benedetto Egli sia mi ha aiutato a individuare quelli che sono rilevanti al nostro argomento.


E affinché non si stupisca il lettore, vista la gravità del divieto di lashon harà' e dell’offesa verbale, [e si chieda] come mai nel Talmud si trovi varie volte un amorà* che sembra lamentarsi del suo compagno di studi, ho approfondito anche questo, e ho quindi ricopiato alla fine del libro la risposta di Chavàt Yaìr, e ho anche spiegato io stesso qua e là all’interno del libro molti [di questi] passaggi.




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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Leggi della Maldicenza, Hafetz Haim, Rabbi Israel Meir Kagan, Edizioni Morashà, traduzione e note a cura di Ralph Anzarouth e Raphael Barki
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