L’Umiliazione (Halbanà) – dal "Pele Yoetz" Rabbi Eliezer Papo



Traduzione di Ralph Anzarouth


BS"D


Umiliazione:

È nota la gravità del divieto di fare impallidire il prossimo in pubblico [dalla vergogna]1: [chi lo trasgredisce] non ha parte nel Mondo Futuro2. E dissero i Maestri di benedetta memoria che per l’uomo sarebbe preferibile buttarsi in una fornace ardente piuttosto che fare impallidire il prossimo in pubblico. Difatti, per via dei peccati di molti ignoranti, quando le persone litigano, si insultano e si offendono a vicenda e ognuno rinfaccia all’altro i suoi difetti e le sue malefatte anche se datate di parecchi anni; e in più, ognuno aggiunge anche accuse infondate, e ciò sarebbe già abbastanza grave di per sé, perché si commette il peccato di diffamare. Ma quando si insulta evocando accuse veritiere è ancora più grave di quando si usano accuse infondate, perché queste sono meno umilianti di quelle che evocano misfatti remoti – a causa dei quali si arrossisce e si impallidisce; e chi si macchia di ciò è come se spargesse il sangue e non farà Teshuvà, perché ha l’impressione di non avere commesso un peccato, sostenendo di avere semplicemente detto la verità. E non si rende conto della gravità del suo peccato, come già ricordato, riguardo al divieto di umiliare.

E c’è chi umilia il prossimo senza averne l’intenzione: quando parla davanti a qualcuno dei difetti di cui costui è affetto o di atti che costui ha commesso, pur non avendo l’intenzione di parlare proprio di lui, cade comunque nella trappola dell’umiliazione. Perciò il silenzio è una buona cosa, perché quando abbondano i discorsi non mancano i peccati.

Però [questa umiliazione] è permessa [quando l’intenzione è di] allontanare da un divieto. Per esempio, quando si rimprovera in privato qualcuno che trasgredisce le leggi della Torà, spiegandogli come bisogna comportarsi, e questi continua invece imperterrito nel suo peccato; alla fine, meriterà di essere insultato, offeso e umiliato in pubblico per distoglierlo dalla strada perversa e per fargli seguire l’esempio delle persone per bene.
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Note del Traduttore:
[1] Il concetto di cui tratta questa sezione è la “Halbanà”, cioè quando si fa impallidire il prossimo dalla vergogna, come spiegato nell’articolo. Un tempo si usava un termine (a volte purtroppo in modo sguaiato) del tutto parallelo alla Halbanà: “sbiancare” il prossimo, nel senso di far diventare bianco il suo volto a causa della pubblica onta. Il sito dei Maestri della Torà vi propone anche un bel racconto di Rabbi Y.Y. Shneerson su questo argomento.
[2] Si consultino le Massime dei Padri (Avot 3, 11).

Questa è una delle sezioni del Pele Yoetz, libro di morale ebraica redatto da Rabbi Eliezer ben Yitzchak Papo, rabbino vissuto duecento anni fa nella Penisola balcanica. Il libro comporta insegnamenti etici su tantissimi aspetti del comportamento umano.

Il testo originale in ebraico si trova in fondo alla pagina 87 e in cima alla pagina 88. Dal caro sito HebrewBooks.org, ovvio.
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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Pele Yoetz di Rabbi Eliezer Papo, traduzione a cura di Ralph Anzarouth
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