Articolo sui Princìpi - Ramchal - Capitolo 10: Legge Orale e Talmud – dal Maamàr Haikarìm di Rabbi Moshe Chaim Luzzatto


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Traduzione di Ralph Anzarouth


10: Legge Orale e Talmud


Il Signore, benedetto Egli sia, non ha voluto scrivere la Torà in una forma così chiara da non richiedere ulteriori spiegazioni. Al contrario, Egli vi ha incluso molti concetti ermetici, che il comune mortale non può capire correttamente senza dapprima riceverne la spiegazione trasmessa da D-o benedetto, che ne è l’Autore. Esempi di questo sono i precetti dei Tefillin (filatteri), della Mezuzà e altre simili Mitzvot, che ci sono state prescritte senza alcuna spiegazione scritta riguardo al modo di metterle in atto. La verità è che il Signore, benedetto Egli sia, ha celato deliberatamente la vera intenzione delle Sue parole per ragioni a Lui note. Tuttavia, tutto ciò che ha celato nella Torà scritta l’ha invece trasmesso oralmente a Moshe Rabbenu (Mosé il nostro Maestro), che la pace sia su di lui; e a partire da lui prende inizio una continua trasmissione ("Massoret") di questa tradizione ai Maestri di ogni generazione successiva. E attraverso questa Massoret, l’intenzione reale dei testi scritti è messa in chiaro e ci viene fatto sapere come compiere correttamente le Mitzvot secondo il volere del Signore, benedetto Egli sia.


Perciò notiamo che i testi della Torà scritta, per quanto riguarda il loro rapporto con l’interpretazione tradizionale, possono essere classificati in tre categorie:

  • La prima categoria include tutti gli argomenti che sono esposti nella Torà scritta in forma generale, ma privi dei loro dettagli. Questi dettagli sono chiarificati attraverso la "Massoret" [rappresentata dalla Torà orale].

  • La seconda categoria include quelle parti della Torà scritta il cui significato è dubbio, in quanto possono dare adito a diverse interpretazioni. La decisione finale è chiarificata dalla Massoret.

  • La terza categoria include i testi della Torà scritta le cui parole sembrano indicare un certo significato, ma la Massoret spiega che il loro vero senso è molto diverso da quello che sembrava. I nostri Maestri di benedetta memoria dissero a questo proposito (Talmud Bavli, trattato Sotà 16a): "La Halachah (Legge pratica) ha il sopravvento sul testo scritto”. Non ci sono molti esempi di questa categoria; e se farai lo sforzo di approfondire questo studio, scoprirai che la spiegazione apparente non nega del tutto la Halachah, né la contraddice; ma va capita nella prospettiva e nei contesti appropriati.

Infatti, secondo la tradizione, l’Autore della Torà, sia benedetto il Suo nome, la scrisse con dettagli e criteri precisi e se si vuole capire l’intenzione dell’Autore del testo, che sia benedetto, bisogna cercarla seguendo questi metodi e questi criteri senza i quali, malgrado sarebbe stato possibile fornire ugualmente una interpretazione plausibile e compatibile con le parole del testo, dandogli forse una comprensione più immediata, ciononostante questo può non essere il vero significato, poiché l’Autore del testo aveva un’altra intenzione. Questi metodi e criteri, insieme ai loro dettagli, formano i 13 princìpi di interpretazione della Torà.


E devi anche sapere che la base di tutte le leggi, che si tratti di Mitzvot positive (obblighi) o di Mitzvot negative (divieti), furono trasmesse nella loro forma completa da Mosé il nostro Maestro, la pace sia su di lui. Tuttavia, i Maestri di benedetta memoria hanno una tradizione che dice che gli insegnamenti della Massoret sono accennati nella Torà scritta sotto diverse forme e secondo metodi allusivi a loro noti. Ed era risaputo e riconosciuto tra di loro che D-o preferisce che ci occupiamo anche di questa parte [della Torà], cioè lo studio dei passaggi della Torà scritta in cui si accenna alla Torà orale; e perciò, ognuno [dei Maestri] dedica le sue energie a esaminare queste allusioni, nella misura che ritiene appropriata. Questo è ciò che vedi sovente nel Talmud: passaggi in cui i Maestri discutono per cercare le prove di una determinata legge e si trovano in disaccordo su queste prove; e vedrai che talvolta quelle stesse prove non appaiono plausibili secondo l’interpretazione più immediata e malgrado ciò, come già ricordato, la tradizione decreta che la decisione finale sia conforme ad esse. Tuttavia dovranno dapprima cercare gli accenni corrispondenti nella Torà orale, secondo i princìpi evocati in precedenza. E non adottano queste spiegazioni perché questa sia la principale intenzione del testo; piuttosto, le scelgono perché questa è l’intenzione dell’Autore della Torà, che sia benedetto: in aggiunta a quanto aveva già chiarito per mezzo dell’interpretazione più semplice, Egli accennò anche a un significato aggiuntivo per mezzo dell’allusione e questa tecnica fu talvolta designata con il termine "Asmachta" (corroborazione). E tutto questo discorso appena esposto si riferisce ad argomenti di precetti e di legge; ma per quanto riguarda le parti esoteriche della Torà denominate "Haggadot" vigono criteri differenti, come ho spiegato in un altro testo1.


Ci sono altri argomenti, quali i decreti dei nostri Maestri di benedetta memoria, di cui sebbene si possa trovare nelle Scritture una remota allusione che prende anch’essa il nome di "Asmachta", eppure questa Asmachta è molto più superficiale di quella discussa in precedenza e la usano unicamente come un richiamo; e non esitano a prendere in considerazione questa allusione perché anch’essa è accennata nella Torà, benché vi si trovi in una forma molto remota e che si riferisca a eventi futuri, poiché tutto è noto a D-o benedetto ed Egli alluse a tutto, anche se in forma remota, dato che spesso questo cenno si trova in passaggi che non sono necessariamente in relazione con la Mitzvà in sé. Ci sono altre leggi particolari che non furono trasmesse loro per via della tradizione, ma le dedussero attraverso la logica o attraverso tecniche deduttive2. Queste leggi sono soggette a discussione e siamo tenuti a rispettarle e metterle in atto secondo la decisione finale raggiunta nel dibattimento. Il fatto che ci sia stata una diversità di opinioni non indebolisce la decisione finale, poiché ci è stato comandato da Hashem, benedetto sia il Suo nome, che in caso di divergenza su regole di Torà sia il Tribunale Rabbinico (Beit-Din) a decidere e che la decisione finale sia del tutto vincolante.


E abbiamo ricevuto ancora una regola: l’intenzione del Signore benedetto, nel [comandarci] il precetto (Deuteronomio 17, 11): "Non devierete da ciò che vi diranno, né a sinistra né a destra", è che attraverso questa Mitzvà viene conferito alle Corti Rabbiniche e ai loro Saggi il potere di sancire delibere e decreti; e siamo tutti tenuti a obbedire loro e a non trasgredire in alcun modo le loro parole. E deve esserci chiaro che questi decreti sanciti per l’osservanza dei precetti della Torà stessa e per compiere il volere di D-o benedetto hanno tutti la Sua approvazione affinché li osserviamo nella loro totalità, così come lo facciamo con tutte le Mitzvot della Torà in sé. Inoltre la Mitzvà ci fu trasmessa in modo tale da richiedere da parte nostra la costruzione di “siepi” intorno alla Torà3; sarebbe stato appropriato che questi [decreti Rabbinici] fossero stati espressi direttamente da Hashem, sia benedetto il Suo Nome, proprio nella Torà, tuttavia la Sua Volontà decretò che giungessimo noi stessi a queste leggi e che ci caricassimo noi stessi di Mitzvot secondo le vie della Sua Torà e seguendo le stesse regole e gli stessi limiti che Egli assegnò a questo procedimento. Perciò non c’è distinzione tra il nostro obbligo di osservare le Mitzvot specificate nella Torà e il nostro obbligo di osservare editti e decreti dei Maestri di benedetta memoria, poiché è Sua Volontà che osserviamo quelle che sono esplicite nella Torà così come quelle altre. In questo modo, colui che trasgredisce i precetti della Torà e colui che trasgredisce questi editti e decreti sono entrambi in egual misura dei ribelli contro la Sua parola, con una unica differenza stabilita dai nostri Maestri di benedetta memoria nei casi dubbi: quando si tratta di un precetto della Torà (Mitzvà Deoraita) si adotta l’opzione più rigorosa e quando si tratta di un precetto rabbinico (Mitzvà Derabanan) si adotta l’opzione più permissiva. E infatti si può notare che il divieto riguardante le unioni proibite comporta punizioni come il Karet e la pena di morte; e l’indossare Shaatnez (un misto di lana e lino) è un semplice precetto negativo; ed è vietato trarre beneficio dal mescolare carne e latte; ed è permesso trarre beneficio dal "Chelev"4, poiché questi sono solo i limiti imposti dalla volontà di D-o benedetto, ma riguardo all’obbligo di rispettare tutte queste Mitzvot così come sono state prescritte non c’è nessuna differenza tra di loro5. Il risultato è che [i Saggi] entrarono in tantissime discussioni e decretarono numerose leggi e delibere, le quali sono unicamente Mitzvot rabbiniche; si moltiplicarono i dettagli e le diversità di opinione, tutto ciò per via del fatto che avevano comparato l’obbligo di rispettarle a quello di tutte le altre Mitzvot della Torà e infatti la volontà di D-o benedetto era che venissero decretate in questo modo, cioè per nostra iniziativa. Difatti, non c’è nessuna differenza tra il Suo ordine di mettere i Tefillin tra i nostri occhi e il Suo ordine di decretare regole per la messa in pratica della Sua Torà: il primo è realizzato secondo le modalità che gli sono proprie e il secondo è realizzato secondo le modalità che gli sono proprie, con il comune denominatore che è la messa in atto della volontà e dei decreti di D-o benedetto.


Un ulteriore aspetto di questa Mitzvà, così come ci è stato trasmesso dai Maestri, è il potere del Tribunale Rabbinico di decretare la sospensione di un elemento della Torà, quando la finalità di questa decisione è il mantenimento della stessa Torà, a condizione che ciò comporti unicamente una condotta passiva e nessuna azione attiva. Su questa base e secondo la tradizione trasmessa loro, i Maestri deliberarono il loro decreto di non compiere le Mitzvot dello Shofar e del Lulav durante il giorno di Shabbat6, come spiegato nella Mishnà e nel Talmud (Trattato Rosh Hashana 29b e Sukkà 42b).
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Note del Traduttore:
[1] Si tratta probabilmente del Maamàr Al Haaggadòt, l'Articolo sulle Haggadòt.
[2] Come spiegato sopra, sono i 13 principi di interpretazione della Torà.
[3] Questa espressione si riferisce al caso in cui si decide di rafforzare l’osservanza di determinati precetti della Torà adottandone una versione più restrittiva.
[4] Chelev è uno specifico grasso animale di cui è vietato il consumo.
[5] Ciò significa che nell’ambito dei limiti (e delle diverse punizioni) prescritti per loro, non c’è nessuna differenza tra l’obbligo di osservare i precetti della Torà e quelli rabbinici.
[6] Compiere questi due precetti durante Shabbat potrebbe potenzialmente portare alla sua profanazione, che D-o ce ne scampi. Perciò i Maestri decretarono che ci si astenga dal mettere in atto queste Mitzvot durante il santo giorno dello Shabbat.

Testo originale in Ebraico
Our translation into English - Nostra traduzione in inglese



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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Maamar Haikarim, Rav Moshe Haim Luzzatto, Edizioni Morashà, traduzione e note a cura di Ralph Anzarouth
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