Il Sentiero dei Giusti - Mesilat Yesharim Ramchal - Rabbino Moshe Chaim Luzzatto Cap. 9: Gli Ostacoli allo Zelo e Come Evitarli



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Traduzione di Ralph Anzarouth


I fattori che ostacolano lo zelo sono gli stessi che incoraggiano la pigrizia. Il più deleterio di tutti consiste nella ricerca dell'ozio fisico, l'avversione allo sforzo e la passione sfrenata per i piaceri. Infatti, una persona con queste caratteristiche troverà sicuramente molto pesante il servizio del Creatore, poiché chi desidera consumare i suoi pasti in tutta calma e tranquillità e dormire senza alcun disturbo, rifiutando di incamminarsi se non al proprio passo lento e tutto questo genere di cose - sarà difficile per lui alzarsi la mattina per recarsi in sinagoga o abbreviare la durata del proprio pasto per dedicarsi alla preghiera di Minchà prima del tramonto o uscire per compiere una Mitzvà anche quando il momento non è il più agevole; e a maggior ragione, [gli sarà difficile] affrettarsi a compiere una Mitzvà o a studiare la Torà. E chi prende quelle abitudini perde la capacità di imporre a sé stesso il comportamento contrario qualora lo desiderasse, poiché la sua volontà è ormai prigioniera di quell'abitudine, diventata per lui una seconda natura.


E infatti l'uomo deve prendere coscienza di non trovarsi in questo mondo per riposare, bensì per impegnarsi e darsi da fare; e ci si deve comportare unicamente come salariati che lavorano per il loro datore di lavoro, come disse [Rav Nachman bar Yitzchak] (Talmud Bavli, trattato Eruvin 65a): "Noi lavoriamo alla giornata"; e come i soldati che partono in azione, i cui pasti sono consumati di volata, il cui sonno è fugace e che sono costantemente pronti alla battaglia. E di ciò è detto (Giobbe 5, 7): "Perché l'uomo è nato per faticare". E quando si abituerà a condursi in questo modo, troverà di certo che il compito gli è facile, poiché non gli mancheranno l’attitudine e la preparazione per [effettuarlo]. E così dissero i nostri Maestri di benedetta memoria nelle Massime dei Padri (Avot 6, 4): "Questa è la via della Torà: mangerai pane e sale, berrai acqua con misura e dormirai per terra", il che rappresenta il massimo distacco dall'ozio e dai piaceri.


Un altro degli ostacoli allo zelo è costituito dall'eccessivo timore e dalla grande apprensione per il futuro e per ciò che esso porta con sé: poiché una volta si teme il freddo o il caldo, un'altra gli ostacoli, un'altra i malanni, un'altra il vento e così via. È ciò che disse il re Salomone, che la pace sia su di lui (Proverbi 26, 13): "Dice il pigro: c'è un sciacallo per strada, un leone tra le vie!" E i nostri Maestri hanno già deplorato questo vizio e lo hanno attribuito ai peccatori. E un testo corrobora la loro opinione, poiché è scritto (Isaia 33, 14): "I peccatori di Tzion si sono impauriti, il terrore ha colto gli adulatori". Finché uno dei grandi [Maestri] disse a un suo allievo, vedendolo spaventato (Talmud Bavli, trattato Berakhot 60a): "Sei un peccatore1!" Invece fu detto a questo riguardo (Salmi 37, 3): "Abbi fiducia in D-o e fai il bene, risiedi nel paese e coltiva la fede".


Il principio generale è che l'uomo deve considerare provvisorio il proprio passaggio in questo mondo, ma permanente il proprio servizio divino: che di tutte le cose di questo mondo si accontenti e gli basti ciò che gli capita, che prenda [solo] ciò che gli arriva in mano, che stia lontano dall'ozio e vicino al lavoro e allo sforzo, che il suo cuore abbia saldamente fiducia nell'Eterno e che non tema gli eventi futuri né eventuali traversie.


E se ribatterai che i Maestri hanno sempre imposto l'obbligo all'uomo di fare la massima attenzione alla propria persona e di non mettersi mai in pericolo, perfino quando si tratta di un giusto che può contare sulle sue [buone] azioni; e dissero (Talmud Bavli, trattato Ketubot, 30a): "Tutto è nelle mani del Cielo, tranne febbri e raffreddori2". E la Torah dice (Deuteronomio 4, 15): "E farete molta attenzione alle vostre vite"; ciò significa che non bisogna contare su questa sicurezza [nella Provvidenza] in modo assoluto e dissero (Talmud Bavli, trattato Pesachim 8b) [che questo è vero] "perfino quando si compie una Mitzvà". La risposta è che ci sono più tipi di timore: c'è il timore appropriato e c'è il timore sciocco; c'è la sicurezza e c'è la stupidità, perché il Signore, benedetto Egli sia, ha dotato l'uomo di un intelletto capace e di un ragionamento raffinato affinché si comporti come si deve e si astenga dalle cose nocive, create per punire i malvagi. E colui che sceglie di non comportarsi con saggezza mettendosi in pericolo non fa prova di fiducia, bensì di stupidità. E così costui commette peccato perché trasgredisce la volontà del Creatore, benedetto sia il Suo Nome, che vuole che l'uomo faccia attenzione a sé stesso.


E così, oltre al pericolo in cui incorre in questo modo a causa della sua mancanza di prevenzione, costui si rende personalmente meritevole di essere punito a causa del peccato che commette ed è proprio questo peccato che lo conduce alla punizione3.
Perciò questa cautela e questo timore basato sul primato della saggezza e della ragione sono il [comportamento] più appropriato, del quale fu detto (Proverbi 22, 3): "L’uomo accorto, quando scorge il pericolo, si nasconde; invece gli stupidi proseguono e vengono puniti". Il timore stupido è quello di colui che accumula precauzioni su precauzioni, fobie su fobie e si cautela eccessivamente, oltre alle precauzioni già prese, finendo per tralasciare la Torà e il servizio di D-o.


E la regola per distinguere questi due tipi di timore è quella usata dai nostri Maestri di benedetta memoria, che dissero (Talmud Bavli, trattato Pesachim 8b): "Laddove il danno è frequente, il caso è diverso", perché dove il danno è frequente e conosciuto bisogna fare attenzione, ma in un luogo che non è considerato pericoloso, non bisogna temere4. E a questo proposito fu detto (Talmud Bavli, trattato Chulin 56b): "Non ci si preoccupa di un problema che non è stato [ancora] constatato5."


[E il detto] "Il saggio6 può contare solo su ciò che che vedono i suoi occhi” è proprio il senso del versetto citato in precedenza "L’uomo accorto, quando scorge il pericolo, si nasconde", che si riferisce a chi si nasconde da un pericolo visibile e non da una ipotetica eventualità futura. Ed è veramente il significato del versetto che ho citato in precedenza "Dice il pigro: c'è un sciacallo per strada ecc.". E i nostri Maestri di benedetta memoria l'hanno interpretato questo problema come una barriera fisica, per mostrare a che punto la paura immotivata riesca a impedire all'uomo il compimento di una buona azione. E dissero (Midrash Deuteronomio Raba 8,6): "[Il re] Salomone disse sette cose riguardo al pigro. Quali? Dicono al pigro: Il tuo maestro è in città, vai a imparare la Torà da lui, e quegli risponde: Io temo il leone che si trova lì in strada; Il tuo maestro è nel quartiere, risponde: Io temo che il leone sia già nelle nostre vie; gli dicono: Ecco [il tuo maestro] è a casa tua, risponde: Se vado a trovarlo, troverò la porta chiusa; gli dicono: È aperta, e quando non sa più cosa rispondere, risponde loro: Che la porta sia aperta o chiusa, io voglio dormire ancora un po’, ecc.7 si consulti colà".


Hai quindi capito che non è la paura che suscita in lui la pigrizia, ma è la pigrizia che innesca la sua paura. E l'esperienza quotidiana in tutte queste cose insegna che accade proprio così e per la maggioranza delle persone è ovvio e risaputo che questo comportamento è abituale per lo stolto; chi ragiona su questo argomento lo troverà assolutamente corretto e chi è intelligente capisce facilmente8.

Ritengo di avere ormai esposto il concetto di zelo quanto basta per destare il cuore: il saggio approfondirà la sua saggezza e continuerà ad arricchirsi di insegnamenti morali.


E vedi che lo zelo merita di essere posto un gradino sopra la prudenza, perché nella maggior parte dei casi l'uomo non diventa zelante senza aver prima acquisito la virtù della prudenza. Poiché chi non guida il proprio cuore ad agire con cautela e a valutare [il proprio] servizio divino e le sue componenti (ciò che definisce la virtù della prudenza, come già esposto in precedenza9) difficilmente servirà D-o con entusiasmo e con ardore, lanciandosi appassionatamente verso il proprio Creatore. Questo succede perché è ancora immerso nelle tentazioni materiali e rincorre la propria routine, che lo allontana da tutto ciò. Invece, dopo avere aperto gli occhi per osservare i propri atti e agire con prudenza, avendo calcolato il valore delle Mitzvot (precetti) a fronte delle Averot (trasgressioni), come abbiamo ricordato in precedenza, è più facile allontanarsi dal male e desiderare il bene affrettandosi a compierlo. E questo è evidente.

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Note del Traduttore:
[1] Il Maestro era Rabbi Yishmael Berabbi Yossi. Il motivo del rimprovero era che la paura appartiene ai peccatori, come anticipato dal versetto di Isaia citato in precedenza.
[2] Questa espressione "Tzinim Pachim" era già stata usata nel libro dei Proverbi di re Salomone (22, 5) per indicare (secondo la maggior parte dei commentatori) spine e ostacoli. Nella versione del Talmud si propende piuttosto per malanni causati dall'eccessiva esposizione al caldo e al freddo. In ogni caso, si tratta di guai da cui l'uomo può e deve guardarsi.
[3] In pratica, chi si espone ai pericoli commette un peccato e conducendosi come un incosciente si merita i danni che si è procurato da sé.
[4] È forse il caso di ricordare quanto abbiamo studiato altrove, che i guai che affliggono l'uomo sono spesso da imputare al suo stesso comportamento: per esempio, quando si mette in pericolo o quando si imbarca in futili litigi, vendette e ripicche.
[5] L’autore cita adattandolo un principio della Ghemarà che riguarda le regole alimentari.
[6] Il lettore attento avrà riconosciuto in questa frase una versione appena diversa da quella utilizzata nel Mishné Torà di Rambam (Libro sui Giudici, Leggi del Sanhedrin 23, 9), in cui è applicata al giudice anziché al saggio: quando deve giudicare un accusato o stabilire chi ha torto tra due contendenti, il giudice (che possiede unicamente una conoscenza indiretta dei fatti) deve fare il migliore uso possibile dei dati oggettivi di cui dispone.
[7] La serie di pretesti narrati nel Midrash non finisce con questa dormita, anzi ricomincia l'indomani mattina...
[8] Bella citazione da Proverbi 14, 6. Nella sua versione originale, il versetto dice che chi ha studiato molto e bene, quando cerca una informazione nella sua memoria la trova facilmente.
[9] Si consiglia a chi avesse già dimenticato questi concetti di ripassarli nel capitolo 2.

Testo originale in Ebraico

Dal sito ramhal.org:
Ramchal Messilat Yesharim Ebraico PDFTesto completo del Mesilat Yesharim in formato PDF
Ramchal Messilat Yesharim Ebraico DOC Testo completo del Mesilat Yesharim in formato DOC




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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduzione e note di Ralph Anzarouth.
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