Il Sentiero dei Giusti (Mesilat Yesharim) Ramchal: Rabbi Moshe Chaim Luzzatto - Capitolo 18: La Devozione (Chassidut)



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Traduzione di Ralph Anzarouth


La Devozione


La virtù della devozione richiede veramente una lunga spiegazione, perché parecchie persone osservano molti riti e usanze dando loro il nome di devozioni, benché essi non siano altro che simulacri di devozione, non avendone né l'apparenza, né la forma né l'effetto. E ciò è dovuto alla mancanza di attenzione e di riflessione concreta da parte di coloro che seguono questa linea di condotta, perché non hanno fatto lo sforzo e non si sono dati da fare per scoprire le vie di Hashem in modo chiaro e diretto. Invece, essi hanno scelto la loro devozione adottando la prima opinione in cui si sono imbattuti senza approfondire l'argomento e senza soppesarne gli elementi sulla bilancia della saggezza. In questo modo, essi hanno corrotto il concetto di devozione nelle menti delle masse, inclusi alcuni intellettuali, dando adito alla convinzione che la devozione dipenda da cose inutili o contrarie al buon senso e alla valida conoscenza; essi pensano che la devozione consista unicamente nel pronunciare numerose suppliche, lunghe confessioni ed esagerati piagnistei e genuflessioni, infliggendosi penitenze esotiche1 con le quali l'uomo giunge allo stremo, come l'immersione nel ghiaccio e nella neve e cose di questo tipo.


Essi infatti non sanno che malgrado alcune di queste cose siano necessarie a chi fa Teshuvà e alcune altre siano appropriate ai Prushim, ciononostante la devozione non si basa assolutamente su di esse: poiché se è vero che la migliore di quelle usanze può essere adatta ad accompagnare l'azione del devoto, tuttavia la devozione in sé consiste in qualcosa di molto profondo che va capito correttamente ed è basata su principi di grande saggezza e sul perfezionamento totale dell'azione, ciò che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni persona saggia, poiché solo i saggi lo possono raggiungere veramente. E dissero i Maestri di benedetta memoria (Massime dei Padri 2, 5): "L'ignorante non può essere un devoto".


E spiegheremo questo argomento con ordine: l'essenza della devozione consiste in ciò che dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Berakhot 17a): "Felice colui che si impegna nella Torà e dà soddisfazione al suo Creatore". Ciò significa che le Mitzvot comandate a tutti gli Ebrei sono già conosciute ed è noto pure il limite degli obblighi da esse imposte; e comunque, chi ama veramente il Creatore, sia benedetto il Suo Nome, non intende accontentarsi di mettere in pratica solamente ciò che è notoriamente obbligatorio per tutti gli Ebrei in generale: al contrario, egli si comporta come un figlio che ama suo padre. E quando questi rivela una delle sue volontà, subito il figlio si prodiga a compierla e a metterla in atto in ogni modo. E anche se il padre ha solo abbozzato un unico e rapido cenno, questo basta al figlio per intuire la sua volontà e fare quindi per lui anche ciò che non è stato esplicitamente richiesto, poiché ha già capito da sé che questa sarà una fonte di soddisfazione [per suo padre] e non aspetta quindi di ricevere una ulteriore richiesta né una più esplicita. E vediamo costantemente questo tipo di comportamento tra amici affezionati, tra congiunti, tra padri e figli. La regola dice che tutti coloro che si vogliono veramente bene, anziché prendere a pretesto il fatto di non avere ricevuto una richiesta più esigente e di aver comunque già eseguito tutto ciò che era stato loro comandato esplicitamente, piuttosto deducono dalla richiesta l'intenzione di chi l'ha espressa e fanno il possibile per realizzare ciò che si presuppone che gli farà piacere.


La stessa cosa succede anche a chi ama fedelmente il proprio Creatore, poiché anch'egli fa parte di coloro che amano e perciò le Mitzvot note e riconosciute gli servono unicamente come indicazione, per capire che quella è la direzione voluta e desiderata dal Signore, benedetto sia il Suo Nome. E di conseguenza non si accontenta di eseguire solo ciò che è stato esplicitamente comandato, né pretende di assolvere i propri obblighi compiendo unicamente ciò che gli è imposto comunque. Invece, al contrario, avendo capito che la volontà del Signore, sia benedetto il Suo Nome, va in una determinata direzione, [il devoto] prende la decisione di impegnarsi proprio in quella direzione, dedicandosi a soddisfarne tutti gli aspetti che giudica essere visti di buon occhio da D-o benedetto. Questo si chiama "Dare soddisfazione [Nachat] al proprio Creatore".


Ne risulta che la devozione è l'estensione del compimento di tutte le Mitzvot includendovi tutti i dettagli e le condizioni possibili e auspicabili.


Come vedi, la devozione appartiene alla stessa categoria dell'astinenza: solo che quest'ultima si riferisce ai precetti negativi2, mentre la prima concerne i precetti positivi. Comunque, il concetto che caratterizza queste due qualità è lo stesso: aggiungere a ciò che ci è stato esplicitamente ordinato quelle aggiunte che, a giudicare da ciò che ci è noto, riteniamo che daranno soddisfazione a D-o benedetto. Questa è la dimensione della vera devozione. E ora ne vedremo le principali componenti.


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Note del traduttore:
[1] In particolare, penitenze e flagellazioni copiate dagli idolatri e che non hanno ovviamente nessuna validità.
[2] Come già esposto al capitolo 13, chi pratica l'astinenza allarga il perimetro dei precetti negativi per assicurarsi di non infrangere alcun divieto. Egli rinuncia quindi ad alcune cose permesse, trattandole come se fossero dei divieti.

Testo originale in Ebraico del cap. 18 del Messilat Yesharim

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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduzione a cura di Ralph Anzarouth.
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