Meam Loez sul Libro di Ester, Midrash di Purim di Rabbi Rephael Hiya Pontremoli, versetto 6.12


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Traduzione di Ralph Anzarouth



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Meam Loez, Meghillat Ester 6, 12


12: Poi Mordekhai tornò alla porta del re e Hamman fu sospinto verso casa, triste e col capo coperto.

Mordekhai tornò al sinedrio, che siedeva alla porta del re. Tolse l'abito regale e riprese il digiuno. Si rivestì di un sacco e sedette sulla cenere, occupandosi di lodi e di preghiere fino a sera. Riunì gli uomini nelle sinagoghe per implorare il Santo, benedetto Egli sia, perché come abbiamo già spiegato i giusti temono sempre che i propri peccati siano la causa [delle avversità]. Inoltre, poiché le lettere non erano state annullate, temeva che il re si fosse affrettato a sdebitarsi con lui per evitare che venisse a chiedergli di annullarle. Perciò tornò al suo sacco e al suo digiuno e disse agli Ebrei: "Fino a ora potevo sperare di recarmi io dal re per esporre la mia richiesta, ma ora che si è sdebitato con me non ho più speranze di sollecitare il re. Piuttosto, i miei occhi sono rivolti al Santo, benedetto Egli sia, che ci salvi dalle grinfie di Hamman".


Il testo ci insegna in questo modo come fu sventata la sua minaccia. Mordekhai, anziché finire impiccato sulla forca tornò alla sua situazione precedente, senza neppure inorgoglirsi minimamente di tutto quell'onore che gli era stato fatto. Al contrario di Hamman, che quando riceveva un qualche onore andava a vantarsene coi suoi amici e con sua moglie Zeresh. E c'è chi commenta che andò a ringraziare il re per l'onore ricevuto, perché la pompa reale richiede di ringraziarlo per il bene che ha fatto.


E qui il testo racconta il capovolgimento delle sorti di Hamman, perché Mordekhai ascese a una posizione elevata, mentre lui si ritrovò sul gradino più basso dell'umiliazione. Inoltre, il testo ci insegna la differenza tra Mordekhai e Hamman: quando Hamman fu invitato al banchetto si insuperbì, tornò a casa e chiamò tutti i suoi amici e sua moglie Zeresh per raccontare loro delle sue enormi ricchezze, della sua numerosa progenie, del rango elevato conferitogli dal re e dell'invito da parte di Ester. Invece Mordekhai tornò subito alla porta del re e non si inorgoglì per niente dell'onore che aveva ricevuto.


Vi chiederete come poté tornare al suo sacco e al suo digiuno, visto che è detto che fece ritorno alla porta del re e che non ci si può recare alla porta del re vestito di sacco. La risposta è che qui vestì il sacco con discrezione, sotto i suoi abiti, in modo che nessuno se ne potesse accorgere. Ed è per questo che usarono1 precisamente l'espressione "[tornò] al suo sacco e al suo digiuno", perché essi erano noti solo a lui e non erano visibili all'esterno. E benché egli fosse già liberato dal decreto, avendo ricevuto un così grande onore dal re, ciononostante era partecipe della disgrazia collettiva.


Il testo ci insegna anche che Hamman non se ne andò tranquillo e sereno come usano fare i potenti ministri; invece, per via della sua immensa vergogna tornò a casa in fretta e furia affinché non lo vedesse nessuno. Forse si coprì il volto con un panno per non essere riconosciuto.


E c'è chi commenta il Midrash dei Maestri2 "Tornò al suo sacco e al suo digiuno" dicendo che dopo avere meritato siffatti onori Mordekhai aveva bisogno di mortificare il proprio spirito con la massima forza ed è proprio ciò che fece3.


E Hamman fu sospinto verso casa: Perché una persona in preda al tormento ha l'impressione che tutti lo spingano. E anche perché fino a quel momento era stato così riverito che quando passava per le strade della città tutti si pressavano contro il muro e si spingevano a vicenda per inchinarsi davanti a Hamman. E ora per colpa dei suoi peccati non gli lasciavano nemmeno lo spazio per passare. E dovunque andasse veniva spintonato e ne risentì una profonda angoscia finché arrivò a casa. Per di più, era ancora sporco [dei contenuti] del vaso da notte4 e tutti lo spingevano via per allontanarne il contatto. Hamman era in lutto per [la morte di] sua figlia e aveva il capo coperto per l'umiliazione e per gli insulti che lei gli aveva rivolto, oltre che per ciò che aveva ricevuto in testa. La sua umiliazione era così grande che desiderava non essere riconosciuto, perciò chiuse gli occhi e camminò come un cieco. Tutti lo spintonavano via perché era caduto così in basso dopo essere stato all'apice del potere. E c'è chi commenta che contrasse la lebbra, come fu detto del [re] Uziahu, che "anch'egli fu sospinto via perché Hashem lo aveva colpito".5


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Note del traduttore:
[1] Infatti questa espressione precisa non figura nel testo della Meghillat Ester: si trova nel Midrash Raba (Ester Raba 10, 6) e il Meam Loez commenta qui il doppio uso del pronome "suo" e la lezione che ci insegnano i Maestri scegliendo di usarlo.
[2] ibid.
[3] Per compensare gli onori ricevuti e per evitare il rischio di inorgoglirsi, Mordekhai si impone immediatamente una umiliazione, cioè proprio l'esatto contrario.
[4] Si veda la fine del commento al versetto 11 e cosa sua figlia gli avesse gettato dal balcone.
[5] Il commento nota l'uso della stessa espressione נדחף nel brano che descrive l'episodio (Secondo Libro delle Cronache 26, 20) in cui Hashem punì con la lebbra il re Uziahu, reo di aver voluto sostituirsi ai Cohanim del Santo Tempio di Gerusalemme. Da qui l'insegnamento che anche Hamman contrasse la lebbra.



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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Meam Loez, Rabbi Rephael Hiya Pontremoli, traduzione a cura di Ralph Anzarouth.
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