Il Sentiero dei Giusti (Mesilat Yesharim) Ramchal: Rabbi Moshe Chaim Luzzatto - Capitolo 23: Come acquisire l'umiltà e allontanare ciò che la ostacola



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Traduzione di Ralph Anzarouth


Come acquisire l'umiltà


I fattori che educano l'uomo all'umiltà sono due: l'abitudine e la riflessione.


L'abitudine consiste nell'accostumarsi a poco a poco a comportarsi con modestia, come abbiamo spiegato1: sedendosi nei posti più umili, camminando in fondo al gruppo e vestendosi con abiti modesti, cioè dignitosi ma senza sfarzo. Infatti, prendendo queste abitudini, l'umiltà si fa strada nel proprio cuore un po' alla volta, finché non acquisisce il posto stabile che le spetta. Poiché la natura del cuore dell'uomo è di insuperbirsi e di darsi importanza, è difficile per lui estirpare del tutto questa tendenza innata, se non attirando un po' per volta questa attitudine dentro di sé, dove non ha molto controllo, attraverso azioni esterne che sono invece nelle sue facoltà, come abbiamo spiegato nel discorso sullo zelo2, dicendo che tutto ciò è incluso nel detto dei Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Berakhot 17a): "L'uomo deve sempre agire con astuzia [per procurarsi] il timore di Hashem", cioè deve sempre cercare degli espedienti per contrastare la propria natura, fino a che riuscirà a sottometterla.


La riflessione consiste invece in diversi argomenti. Uno di essi è quello evocato da Rabbi Akavia Ben Mahallalel nelle Massime dei Padri (Avot 3, 1): "Sappi [tre cose,] da dove vieni: da una goccia putrefatta; dove vai: verso un luogo di polvere, di larve e di vermi; e davanti a chi dovrai rendere conto3: davanti al Re, il Re dei re, il Santo, benedetto Egli sia". Tutti questi pensieri sono veramente degli antidoti contro l'orgoglio e stimolano l'umiltà. Difatti, quando l'uomo osserva la sua modesta materia e la miseria delle sue origini, non ha più nessuna ragione di insuperbirsi e [dovrebbe] piuttosto arrossire e vergognarsi. Questo caso assomiglia a quello di un allevatore di porci che diventa re: quando gli vengono in mente le sue origini, non può insuperbirsi. E quando pensa che alla fine di tutte le sue glorie tornerà alla terra, in pasto ai vermi, a maggior ragione la sua superbia si inchina ed egli dimentica la sua potente supremazia. Infatti, cosa c'è di bene e di grande in chi è destinato all'onta e alla vergogna? E quando ci pensa ancora e immagina il proprio ingresso nel grande tribunale della schiera celeste, quando si ritroverà davanti al Re, il Re dei re, il Santo, benedetto Egli sia, perfezione di santità e purezza, e alla ristretta cerchia dei valenti servitori, agenti della Sua parola, privi di qualsiasi difetto; e lui, in piedi davanti a loro, misero, indegno e spregevole per via della sua natura, oltre che impuro e immondo per via delle sue azioni, potrà forse alzare la testa? Avrà qualcosa da dire? E quando gli chiederanno: "Dov'è la tua bocca? Dove sono la tua grandezza e gli onori di cui ti fregiavi durante la tua vita?" Cosa risponderà, cosa ribatterà a ciò che gli verrà rimproverato? Se l'uomo si raffigura nella sua mente questa realtà, dipingendola con tratti realistici ed efficaci, di certo tutto il suo orgoglio svanirà completamente per non tornare mai più.


Il secondo [argomento riguardo alla riflessione] è la volatilità degli eventi temporali e la moltitudine dei cambiamenti: il ricco può facilmente diventare povero, il dominatore trasformarsi in servo, chi è stimato venire disprezzato. E se l'uomo può così facilmente ritrovarsi in una situazione che oggi gli appare ignobile, come può allora inorgoglirsi per la sua posizione, che non gli è garantita? Quanti tipi di malattie possono colpire l'uomo, che D-o ce ne scampi, e costringerlo a supplicare personalmente qualcuno che può aiutarlo, sostenerlo o lenire parzialmente le sue sofferenze? Quanti guai possono bersagliarlo, che D-o ce ne guardi, costringendolo ad andare a cercare4 molte persone - alle quali una volta disdegnava di porgere il saluto - affinché diventino ora i suoi salvatori? Vediamo queste cose quotidianamente con i nostri occhi: esse sono sufficienti a cancellare la superbia dal cuore dell'uomo e a vestirlo di modestia e di umiltà.


E quando rifletterà ulteriormente ai suoi doveri nei confronti del Signore benedetto, a quanto li abbia tralasciati e a quanto poco se ne occupi, certamente proverà vergogna e non orgoglio, imbarazzo e non superbia, come è detto (Geremia 31, 18-19): "Ho ben sentito Efraim lamentarsi [...]; perché dopo aver fatto Teshuvà mi sono pentito, una volta presa coscienza mi son battuto la gamba, mi vergogno e mi avvilisco ecc.". Che rifletta sempre a ogni cosa per prendere coscienza della debolezza della mente umana e delle sue numerose illusioni e fallacie: esse fan sì che sia sempre più probabile cadere in errore piuttosto che ottenere la vera conoscenza. Perciò bisogna avere un timore costante di questo pericolo, cercare sempre di imparare da ogni persona e di ascoltare sempre i consigli per non andare allo sbando, come dissero i Maestri di benedetta memoria nelle Massime dei Padri (Avot 4, 1): "Chi è saggio? Colui che impara da ogni persona". Come è detto (Proverbi 12, 15): "Chi ascolta un consiglio è saggio".


Tuttavia, gli ostacoli a questa virtù sono l'abbondanza e l'appagamento nei beni di questo mondo, come il testo biblico dice esplicitamente (Deut. 8, 12-14): "Per evitare che tu mangi, ti sazi, [...] e che il tuo cuore si insuperbisca ecc.". Perciò i devoti sono giunti alla conclusione che è bene affliggersi di tanto in tanto, per mortificare l'istinto d'orgoglio che cresce solo in mezzo all'abbondanza, come dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Berakhot 32a): "Il leone non ruggisce5 da una cesta di fieno ma da una cesta di carne".


Gli ostacoli principali sono comunque l'ignoranza e la carenza di vera conoscenza6. Infatti, si può notare che l'orgoglio abbonda proprio tra le persone più ignoranti. E i Maestri di benedetta memoria dissero (Talmud Bavli, trattato Sanhedrin 24a): "L'ignoranza della Torà è un segno di volgarità". E dissero anche (Zohar, Parashat Balak - Vol. 3 foglio 193b): "La vanagloria è un segno di ignoranza". E anche (Talmud Bavli, trattato Baba Metzia 85b): "Una monetina dentro una bottiglia fa tanto rumore". E anche (Midrash Bereshit Raba 16, 3): "Chiesero agli alberi infecondi: 'Perché si sente la vostra voce?' Essi risposero: 'Affinché almeno la nostra voce sia udita e ricordata'." E abbiamo già visto che Mosè, il migliore di tutti gli uomini, era [anche] il più umile di tutti gli uomini7.


Un altro ostacolo all'umiltà è la compagnia e la frequentazione di adulatori, i quali lodano e esaltano qualcuno per carpirne il cuore e trarne dei benefici, esagerando al massimo le sue virtù e inventandone altre che proprio non possiede. E anzi, a volte costui possiede [proprio le caratteristiche] opposte a quelle che vantano in lui. E in fondo l'animo dell'uomo è lieve, la sua natura è debole e si lascia tentare facilmente, a maggior ragione riguardo a cose cui già tende per natura. Perciò, quando ascolta quelle lodi da qualcuno in cui ha fiducia, esse penetrano in lui come un veleno e una tossina: e così finisce per cadere nella trappola della vanità e corrompersi. Si veda il caso del [re di Giudea] Yoash (Secondo Libro delle Cronache 24, 17 e Midrash Shemot Raba 8, 2), che aveva agito correttamente durante tutto il periodo in cui fu guidato dal suo Maestro, Yehoyadà il Cohen. Ma dopo la morte di Yehoyadà, i suoi sudditi andarono [dal re] e cominciarono ad adularlo e a proclamarne magnifiche lodi, fino a paragonarlo a una divinità e a questo punto il re li assecondò.


Vedi quindi chiaramente questo dato di fatto: la maggior parte dei governanti, dei re e dei potenti in generale, qualunque sia il loro livello, cadono e si pervertono a causa dell'adulazione da parte dei loro servitori.


Perciò, chi ha la testa sulle spalle deve fare attenzione e osservare il comportamento delle persone che vuole prendere per amico, consigliere o amministratore dei beni - ancora più di quanto scruti e osservi ciò che mangia e beve. Infatti, cibi e bevande possono danneggiare soltanto il suo corpo, mentre amici e intendenti possono corrompere la sua anima, le sue forze e tutto il suo onore. E il re Davide, la pace sia su di lui, diceva (Salmi 101, v. 6-7)8: "Chi si comporta con integrità sia mio servitore. Che il truffatore non risieda a casa mia". E non c'è di meglio per l'uomo che scegliere amici sinceri, che gli aprono gli occhi sulle cose che non riesce a vedere e lo rimproverano con affetto, in modo da salvarlo da qualsiasi problema. Difatti, ciò che l'uomo non può vedere, perché non vede i propri difetti, saranno loro a vederlo e a capirlo; essi lo metteranno in guardia assicurando così la sua tutela. Così è detto (Proverbi 24, 6): "[Si ottiene] il successo con molti consiglieri9."


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Note del traduttore
[1] Nel capitolo precedente sull'umiltà.
[2] Nel capitolo 7, in fondo. La traccia non era molto precisa, ma abbiamo trovato facilmente il punto esatto grazie a una nuova edizione del Mesilat Yesharim, pubblicata da Rav David Zvi Hoffman con il suo commento "Orot Ghenuzim": questa edizione è interessantissima perché commenta tutto il Mesilat Yesharim seguendo le parole di Rabbi Yerucham Leibovitz : "Il libro Mesilat Yesharim è costruito su tutti i libri che il Ramchal ha scritto sulla Kabbalà, pur abbassandone gli argomenti e avvicinandoli alla nostra lingua, al punto che studiandolo immaginiamo che questa materia sia alla nostra portata." Per via dell'approccio particolare di quella edizione, non abbiamo potuto ovviamente tenerne conto in questa presente traduzione, che vuole essere di livello accessibile a tutti e non solo agli studiosi (che comunque non hanno bisogno delle nostre traduzioni); tuttavia, abbiamo voluto menzionare questo Orot Ghenuzim perché offre una edizione particolarmente ben curata e originale del Mesilat Yesharim.
[3] Delle tue azioni, delle tue parole e dei tuoi pensieri.
[4] Il testo in ebraico usa una originale espressione tratta dal libro dei Proverbi 7, 15.
[5] Gioisce, perde la testa e provoca danni (Rashi). E lo fa solo dopo essersi saziato (quindi con la carne e non con il fieno, che non gradisce). Da qui il parallelo con gli esseri umani, anche loro più inclini a combinare guai quando sono satolli.
[6] La conoscenza della Torà (Roth), che guida l'uomo a una vita corretta.
[7] Lo dice la Torà stessa: Bamidbar 12, 3.
[8] Nelle edizioni del Mesilat Yesharim che abbiamo consultato i due versetti sono presentati in ordine inverso.
[9] Ovviamente in questo versetto il re Salomone si riferisce ai buoni consiglieri, i cui consigli sono impreziositi dalla loro integrità e sincerità, come esposto più in alto.


Testo originale in Ebraico del cap. 23 del Messilat Yesharim

Ramchal Messilat Yesharim Ebraico PDFTesto completo del Mesilat Yesharim in formato PDF
Ramchal Messilat Yesharim Ebraico DOC Testo completo del Mesilat Yesharim in formato DOC




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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Haim Luzzatto, traduzione a cura di Ralph Anzarouth.
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