"Lettera del padre ai figli" di autore anonimo - Tratta dal libro "Ale Shur" di Rav Shlomo Wolbe


BS"D


Traduzione di Ralph Anzarouth


Lettera ai figli orfani


Figlie e figli adorati, possa il vostro lume risplendere,
vi scrivo questa lettera, sperando che la leggerete tra molti anni: con essa, vi voglio consolare per il fatto che io non ci sono più. Nessuno conosce la propria ora e verrà il giorno (che Hashem ci conceda una vita lunga e buona) in cui il mio posto a casa mia rimarrà vuoto per sempre e voi rimarrete "orfani".


Ecco, miei cari, ho visto molti orfani: per la maggior parte di loro il mondo è diventato buio, non potevano più vedere né soluzione, né speranza. [Quelli rimasti orfani] da piccoli, che Hashem ce ne scampi, erano pieni d'invidia: "Tutti hanno un babbo e io no"; e anche i grandi erano sconvolti, il loro mondo era crollato. Ho visto ben pochi portare il loro stato di orfani con forza, riuscendo a elevarsi in seguito all'evento, che Hashem ce ne scampi. Pensandoci su, mi sono detto: prima ancora di consolare gli orfani, bisogna insegnare loro come sopportare la loro situazione. E magari riuscissi io a insegnarvelo, in modo da farvi capire le mie parole seguenti e che esse vi illuminino.


La chiave del mistero della vita risiede nella fede in Colui che vive in eterno. Una forza vitale divina dà vita al mondo intero: per ogni filo d'erba (ognuno dei quali è guidato da un 'angelo', una forza spirituale, che lo incita e gli dice "cresci!") e per ogni persona, questa forza vitale è l'essenza di tutto - e l'essenza dell'uomo sono il suo spirito e la sua anima.


Ed ecco, figli miei adorati, possa il vostro lume risplendere, spero di essere riuscito a educarvi alla fede. A partire da adesso, rinforzatevi nella fede e sappiate che essa racchiude anche la chiave del mistero della morte! Se l'annullamento del corpo significasse l'annullamento dell'uomo in sé, allora in seguito a un lutto anziché la consolazione ci sarebbe l'oblìo. Ma le cose non stanno così! Il corpo si annulla, ma l'uomo vive!


Il nostro Rabbino e Maestro1, che il ricordo del giusto sia benedetto per la vita del mondo futuro, scrisse in una lettera di condoglianze le seguenti parole:


"Dobbiamo considerare la morte allo stesso modo di un trasferimento da una città a un'altra e niente più. E questa è la vera verità: tuo padre di benedetta memoria non è morto, per carità, anzi egli vive. E non si tratta solo di un cambiamento di luogo geografico: chi capisce e conosce i dettagli di questo argomento sa e comprende che al contrario, adesso egli si trova più vicino ed è qui con noi ancora più di quando era in vita perché [ora] non ha più barriere davanti a lui! "

Che discorso sublime! Solo un grande e santo uomo come il nostro Maestro e Rabbino, che i suoi meriti ci proteggano, poteva rivelarci una cosa meravigliosa come questa.


È proprio così: la fede non conosce la morte! Ed è la verità: chi lascia [questo mondo] è vivo! Egli ha conoscenza e coscienza di tutto ed è sempre vicino ai suoi cari!


Ma anche ciò non basterà a consolarvi per la separazione: i figli sono abituati a vedere il padre, a seguire i suoi consigli, a riceverne aiuto; anche i figli che non dipendono più finanziariamente dal padre ne ricevono appoggio e la consapevolezza della sua vicinanza li conforta. E chi potrebbe riempire questo vuoto?


Invece sappiate, miei amati, che se mi avete amato veramente quando ero insieme a voi e se il vostro affetto per me non era solamente di facciata, allora sarete sempre in grado di vedere vostro padre davanti ai vostri occhi e di sapere cosa vi avrebbe detto e consigliato. Abbiate in mente come esempio ciò che dicono i Maestri di benedetta memoria riguardo a Yossef il giusto, che dominò il proprio istinto grazie alla visione del volto di suo padre2.


Perciò ognuno di voi, portando in cuor suo l'immagine del volto di suo padre, può così farsi forza e rincuorarsi. E ciò che più conta è che l'essenza dell'uomo è la sua spiritualità - e che la sua spiritualità vive e perdura!


Ma vi voglio dire ancora una cosa, che è ciò che ho provato io quando divenni orfano dei miei genitori, la pace sia su di loro: ogni persona prova durante il suo lutto un impulso ad avvicinarsi alle Mitzvot e alle buone azioni e perfino i ribelli dicono il Kaddish, indossano Tallit e Tefillin e pregano. Da cosa deriva questo impulso?


Questo fenomeno ha un senso profondo. I nostri Maestri di benedetta memoria dicono: [per far nascere] un essere umano si associano in tre - il padre, la madre e il Santo, benedetto Egli sia. Ma il bambino è abituato a vedere solo suo padre e sua madre. Invece non vede il terzo socio. Ma quando i suoi genitori lo abbandonano e se ne vanno all'altro mondo, il suo cuore gli dice (con la forza della fede innata che vive nel cuore di ogni ebreo!) di riporre d'ora in poi tutta la sua speranza nel terzo socio...
Chi ha una fede veramente solida capisce e percepisce con certezza e semplicità (Salmi 27, 10): "Perché mio padre e mia madre mi hanno abbandonato e Hashem mi raccoglierà!"


E questa è la verità: il padre biologico è solo l'agente del Vero Padre che è nei cieli. E una volta terminata la missione del padre biologico, il figlio stringe un legame tenace con suo Padre che è nei cieli e (Salmi 118, 8) "Meglio confidare in Hashem che riporre la propria fiducia nell'uomo!"


Questo è ciò che ho provato nei giorni del lutto per i miei genitori, la pace sia su di loro; ed è ciò che trasmetto a voi, figli adorati, possa il vostro lume risplendere. E sappiate che la cosa più importante di tutte, per ogni uomo di qualsiasi età, in particolare per gli orfani, è di rinforzarsi molto nella fede e percepire concretamente la Provvidenza di Hashem benedetto: come Egli vi guidi e vi diriga giorno per giorno e vi accordi tutto ciò di cui avete bisogno, materialmente e spiritualmente; e se solo sarete saldamente ancorati alla vostra fede, non vi mancherà mai nulla!


E solo chi vive nella fede può trovare il conforto. E sappiate, miei cari, che anche riguardo alla consolazione ho preso l'abitudine di pensare diversamente dall'ordinario: infatti, l'ambiente in cui vive l'uomo - casa, maestri, amici - lo aiuta a mantenersi al livello acquisito e anche a migliorarsi. Tutta l'ambizione personale dell'uomo è di migliorare il proprio stato e non peggiorarlo, che Hashem non voglia. Ed ecco che quando uno dei parenti gli viene a mancare, egli perde uno di coloro che gli permettevano di mantenere il suo livello e la sua condizione spirituale.


Un uomo si consola quando ritrova qualcuno che lo appoggi e lo mantenga al suo livello, affinché non si perda d'animo, che Hashem non voglia, e che si elevi sempre più in alto. È ciò che racconta la Torà riguardo a Yitzchak il nostro patriarca, che la pace sia su di lui (Bereshit 24, 67): "E Isacco la condusse nella tenda di sua madre Sarah; e prese per moglie Rivkah, l'amò e Yitzchak si consolò dopo [la scomparsa di] sua madre", ciò che Rashi commentò (ibid.): "La condusse nella tenda ed ecco ella è sua madre Sarah, cioè acquisì caratteristiche simili a quelle di sua madre Sarah - che finché Sarah fu in vita, la candela restava accesa dalla vigilia di Shabbat a quella successiva, l'impasto era benedetto e una nuvola era attaccata sopra la tenda. Quando morì, queste cose scomparvero e quando giunse Rivkah, esse tornarono". Fu così che Yitzchak trovò conforto dopo la perdita di sua madre, avendo trovato una continuità alla sua famiglia e alla sua situazione.


E voi, miei amati, fate questo e troverete conforto: siate vicini l'uno all'altro, "ognuno3 aiuti l'altro e incoraggi suo fratello" e allontanate la disperazione e la tristezza dai vostri cuori: solo chi ha fede integra e ama la Torah e chi la studia faccia parte dei vostri amici. Siate sempre come "colui che viene per purificarsi", perché viene aiutato4, come spiegato da Rambam, che chi viene per purificarsi (Mishné Torà, Leggi della Teshuvà 6, 5) "scoprirà che viene aiutato nel suo intento". E sappiate con totale certezza che Hashem vi consolerà e procurerà per voi una continuità alla vostra-nostra strada, affinché vi rinforziate nella fede e nella Torà e costruiate per voi famiglie fedeli al rispetto delle Mitzvot di Hashem. E in questo modo anch'io sarò realizzato, come dissero i Maestri di benedetta memoria: "Chiunque lasci un figlio dabbene è come se non fosse morto". Questo è il mio consiglio, la mia richiesta e la mia ultima parola per voi, miei adorati: abbiate fede e ce la farete5 - e allora la luce illuminerà la vostra strada per sempre!


Con affetto,

vostro padre


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Note del traduttore:
[1] L'anonimo redattore di questa lettera si riferisce certamente a Rabbi Yerucham Leibovitz, di cui fu allievo.
[2] Si veda l'intero episodio in Bereshit 39, 7-20 e il relativo Midrash citato dal Talmud Bavli (trattato Sotà 36b) e da Rashi (Bereshit 39, 11).
[3] Citazione da Isaia (41, 6).
[4] Dal Talmud Bavli (trattato Yoma 38b).
[5] Citazione da Isaia (7, 9).

La pubblicazione di questo testo dall'autore anonimo è dedicata all'elevazione dell'anima di Simantov ben Ester z"l, di cui oggi ricorre il primo anniversario. Un abbraccio a Roberto e a Daniel, che possano avere il merito di rivedere presto il loro babbo qui con noi, insieme al nostro giusto Mashiach.


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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Lettera ai figli orfani, autore anonimo, traduzione a cura di Ralph Anzarouth.
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