Il Sentiero dei Giusti (Mesilat Yesharim) Ramchal: Rabbi Moshe Haim Luzzatto - Capitolo 26: La santità e come acquisirla


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Traduzione di Ralph Anzarouth


La santità e come acquisirla


Il concetto di santità presenta un doppio aspetto: all'inizio è un lavoro e alla fine è una ricompensa; all'inizio è uno sforzo e alla fine è un dono. Cioè, dapprima l'uomo si santifica da sé e alla fine egli viene santificato. È questo ciò che dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Yoma 39a): "Una persona santifica sé stessa un po' e verrà santificata in abbondanza. Se si santifica dal basso, verrà santificata dall'alto".


L'impegno personale consiste per l'uomo in un distacco e una separazione assoluti da ciò che è materiale e nell'unione continua e incessante con il Signore. È a questo riguardo che i profeti furono chiamati "angeli". Per esempio Aronne, di cui è scritto (Malachi 2, 7): "Poiché le labbra del Cohen dovranno conservare la conoscenza e dalla sua bocca chiederannno la Torà, perché egli è un angelo dell'Eterno Tzeva-ot"; e anche (Secondo Libro delle Cronache 36, 16): "Ed essi offendevano gli angeli del Signore ecc.". E perfino quando si occupa delle faccende materiali necessarie al suo corpo, il suo spirito non si discosta dall'unione con l'Altissimo, come è detto (Salmi 63, 9): "Il mio spirito è incollato a Te, la Tua destra mi sostiene". E poiché l'uomo non può mettersi da sé in questa condizione, che è pesante per lui che in fondo è un essere materiale in carne e ossa, per questo motivo ho precisato che alla fine [la santità] è un dono. Perché tutto ciò che l'uomo può fare è sforzarsi di cercare la vera conoscenza e insistere a capire la santità delle azioni1, ma alla fine sarà il Santo, benedetto Egli sia, a condurlo per la via che egli vuole percorrere: Egli poserà su di lui la Sua santità e lo santificherà, cosicché riuscirà finalmente a essere in unione costante con Hashem benedetto; Egli lo sosterrà e lo aiuterà [a ottenere] ciò che gli è negato dalla natura umana, come è detto (Salmi 84, 12): "Non negherà il bene a chi si comporta con integrità". Perciò, nel testo citato in precedenza, dissero: "Una persona santifica sé stessa un po'", che è il livello cui può accedere grazie al suo impegno personale "e verrà santificata in abbondanza", che è il sostegno con il quale Hashem benedetto l'aiuta, come già spiegato. Ecco quindi che per l'uomo che si santifica con la santità del suo Creatore, perfino le sue azioni materiali diventano letteralmente atti di santità: il precetto positivo di mangiare le offerte sacrificali ne è un esempio, si veda il detto dei Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Pesachim 59b): "I Cohanim mangiano e i proprietari [delle offerte] espiano [le loro colpe]."


Si noti ora la differenza tra chi è puro e chi è santo: le azioni materiali di chi è puro si limitano all'indispensabile ed egli le compie unicamente in quanto tali. In questo modo, esse perdono la componente negativa dovuta alla loro materialità e rimangono [del tutto] pure; tuttavia, non accedono al livello della santità, perché se si potesse farne a meno sarebbe comunque meglio. Invece chi è santo, incessantemente unito al Signore e il cui spirito incede tra gli insegnamenti autentici con amore e timore del suo Creatore, è come se già adesso si trovasse a2 marciare davanti a Hashem nelle terre dei vivi, pur trovandosi ancora qui in questo mondo. Un uomo così viene considerato come se fosse un tabernacolo, poi come un santuario, poi come un altare; come riguardo al versetto (Bereshit 35, 3) "E il Signore si dipartì da lui" dissero i Maestri di benedetta memoria (Midrash Bereshit Raba 47, 6): "I patriarchi sono il Carro Celeste3" e dissero anche4 "I giusti sono il Carro Celeste", perché la Presenza Divina dimora su di loro, così come dimorava nel Santuario.


E ora, il cibo che essi mangiano è come un'offerta che si innalza sul fuoco [dell'altare], poiché quella delle offerte che venivano poste sull'altare veniva certamente considerata come un'elevazione a un livello altissimo, perché esse venivano presentate davanti alla Presenza Divina, innalzandosi addirittura al punto che tutta la loro specie veniva benedetta in tutto il mondo, come dissero i Maestri di benedetta memoria nel Midrash5. Allo stesso modo, ciò che il sant'uomo mangia e beve si eleva proprio come se venisse offerto sull'altare, come dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Ketuvot 105b): "Chi porta un dono a un Talmid Chakham6 è come se avesse offerto delle primizie7". E dissero anche (ibid., trattato Yoma 71a): "Che riempia di vino la gola dei Talmidè Chakhamim", vino al posto delle offerte di vino8. Ciò non significa che i Talmidè Chakhamim correranno dietro a cibo e bevande, che Hashem ci guardi dall'idea che essi si ingozzino come degli ingordi! Invece significa ciò che abbiamo spiegato in precedenza e cioè che i Talmidè Chakhamim che sono dei santi nel loro comportamento e nelle loro azioni sono proprio come il Santuario e l'altare, poiché la Presenza Divina dimora su di loro proprio come dimorava nel Santuario. Perciò ciò che viene offerto loro è come se fosse offerto sull'altare; e riempire le loro gole rimpiazza l'atto di riempire le coppe [delle offerte sacrificali]. Allo stesso modo, una volta che sono uniti alla Santità di D-o benedetto, ogni uso che essi fanno delle cose di questo mondo le eleva e le sublima, poiché hanno avuto il privilegio di essere state utilizzate dal giusto. I Maestri di benedetta memoria hanno già evocato le pietre che il nostro patriarca Giacobbe9 mise sotto la testa (Talmud Bavli, trattato Chulin 91b): "Disse Rabbi Yitzchak: ciò insegna che tutte [le pietre] si raggrupparono e ognuna diceva: 'Che il giusto posi la sua testa su di me'."


Questa è la regola generale: la santità consiste in una unione così stretta dell'uomo con il Signore benedetto al punto di non discostarsi da Lui in nessuno dei suoi atti e al punto che l'elevazione degli oggetti materiali in seguito al loro utilizzo da parte del giusto è superiore all'abbassamento del suo livello e all'allentamento del suo legame con Hashem in seguito all'uso che egli fa di quegli oggetti. Ma questo succede quando la sua mente e la sua attenzione sono perennemente concentrati sull'immensità di Hashem benedetto, la Sua maestà e la Sua santità. Al punto che sembrerà che egli si unisca veramente agli angeli celesti pur trovandosi ancora in questo mondo, cosa che come già detto non può compiere con la sua sola volontà: egli può solo prendere l'iniziativa e fare del suo meglio, solamente dopo avere acquisito tutte le qualità positive di cui abbiamo parlato finora, dall'inizio della prudenza fino al timore del peccato.


Con ciò egli potrà entrare nel santuario10 e riuscirà nel suo intento, perché se invece gli mancassero le prime di quelle virtù, sarebbe come un estraneo o un menomato, di cui è detto (Numeri 18 4): "Che nessun estraneo si avvicini". Ma dopo essersi preparato come descritto, chi si prodigherà a unirsi con la forza dell'amore e la potenza del timore alla comprensione dell'immensità di Hashem benedetto e alla forza della Sua maestà potrà separarsi progressivamente dalle faccende materiali e dirigere il suo cuore in ognuna delle sue azioni e in ognuno dei suoi movimenti alla vera unione spirituale, finché dall'Alto gli verrà instillato uno spirito e il Creatore benedetto poserà il Suo Nome su di lui come fa con tutti i Suoi santi. Allora diventerà davvero come un angelo di Hashem e tutte le sue azioni, perfino quelle basse e terrene, saranno come le offerte [all'altare del Tempio] e il servizio divino.


Avrai notato che la strada per giungere alla santità passa attraverso molta astinenza e l'approfondita osservazione dei segreti della Provvidenza Divina e della creazione del mondo, oltre che attraverso la conoscenza dell'immensità di Hashem benedetto e delle Sue lodi, al punto che la sua unione con Lui sarà intensissima e saprà controllare il suo pensiero anche durante le sue attività materiali, proprio come era richiesto al Cohen Gadol11 quando immolava le offerte o ne raccoglieva il sangue o lo gettava [sull'altare], fino ad attirare così da parte di Hashem benedetto la benedizione di vita e di pace. Quello esposto è l'unico modo di raggiungere questo livello e ogni altro metodo lascia in ogni caso chi lo intraprende a un livello materiale e terreno, insieme a tutti gli altri esseri umani. E ciò che contribuisce a ottenere questa virtù sono l'isolamento12 e tanta astinenza, affinché senza intralci il suo spirito potrà rinforzarsi e unirsi al Creatore.


Gli ostacoli a questa virtù sono: la mancanza di vere conoscenze e la frequentazione ricorrente delle altre persone. Infatti, la materialità si associa a ciò che le è consimile, prende vigore e si rinforza: lo spirito dell'uomo ne rimane prigioniero e non si libera dalla sua cattività. Ma quando invece egli si allontana dagli altri, si ritrova solo e può prepararsi a ricevere l'influsso della santità. L'uomo viene condotto lungo il percorso che egli stesso ha scelto13 e con l'aiuto che gli verrà offerto dal Signore il suo spirito trionferà sulla materia, si unirà alla Santità del Signore e con essa si perfezionerà. Da questo livello si eleverà a un livello superiore che è lo spirito di santità e le sue conoscenze valicheranno i limiti della natura umana. L'attaccamento a Hashem può arrivare a un livello così elevato che gli verrà concessa la facoltà14 di resuscitare i morti, come fu il caso per [il profeta] Elia15 e [per il profeta] Elisha16, ciò che dimostra un grande attaccamento al Signore benedetto. Poiché essendo il Signore benedetto la Fonte della vita, che dà la vita a tutto ciò che vive, come dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Taanit 2a): "Tre sono i poteri17 che [Hashem] non ha affidato a un inviato; essi sono: la facoltà di resuscitare i morti ecc.". Ecco quindi che chi si unisce al Signore con un attaccamento totale potrà riceverne perfino il potere di attirare la vita stessa, la quale è una peculiarità divina più di qualsiasi altra, come già spiegato.


E questa è la conclusione della Braita18: "La santità conduce allo spirito di santità e lo spirito di santità conduce alla resurrezione dei morti."


E tu, caro lettore, so che capisci come me che non ho esaurito in questo mio libro tutte le norme della devozione e che non ho detto tutto quanto ci sarebbe da dire al riguardo, poiché questo argomento è inesauribile e la riflessione non ha fine. Tuttavia, ho discusso brevemente ogni parte che compone la Braita sulla quale ho basato questo mio testo. Questo può essere un inizio e un punto di partenza per ampliare lo studio di questi argomenti, poiché il loro cammino è rivelato e la loro strada è spianata davanti a noi per permetterci di procedere con loro seguendo una via retta19. E in tutti i casi di questo tipo è detto (Proverbi 1, 5): "Il saggio ascolterà e ne trarrà un insegnamento; l'uomo accorto si arricchirà di astuzie", e (Talmud Bavli, trattato Shabbat 104) "Chi sceglie di purificarsi, viene aiutato", (Proverbi 2, 6): "Poiché Hashem conferisce la saggezza e dalla Sua bocca emanano la conoscenza e la ragione", affinché ognuno rettifichi il suo comportamento davanti al suo Creatore.


Ed è ovvio che tutti hanno bisogno di essere corretti e guidati, a seconda del mestiere e dell'attività di ognuno, perché la strada della devozione appropriata a chi si occupa di Torà non è la stessa di chi è salariato presso un datore di lavoro, e ambedue sono diverse dalla strada della devozione di chi si dedica al commercio per conto proprio. E così via per tutti gli altri elementi delle attività dell'uomo nel mondo: le strade della devozione più adatte dipendono da ogni caso individuale. Non perché la devozione in sé sia variabile: essa è certamente uguale per tutti poiché consiste unicamente nel fare ciò che procura soddisfazione al proprio Creatore. Ma poiché i campi di interesse sono molteplici, ovviamente anche gli strumenti che li conducono ai loro obiettivi non possono che variare anch'essi, ognuno secondo le sue caratteristiche.


E chi per necessità esercita un mestiere umile può diventare un perfetto devoto così come chi studia la Torà ininterrottamente. Ed è scritto (Proverbi 16, 4): "Hashem ha creato tutto in Suo onore". Ed è detto (ibid. 3, 6): "ConosciLo in tutte le tue vie ed Egli spianerà la tua strada".


Il Signore, sia benedetto il Suo Nome, aprirà i nostri occhi alla Sua Torà, ci insegnerà le Sue vie, ci dirigerà per le Sue strade; così meriteremo di onorare il Suo Nome e di darGli soddisfazione.


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Note del traduttore:
[1] Cioè le Mitzvot, che santificano chi le compie (Rav Eliahu Rot).
[2] Segue una citazione adattata dai Salmi (116, 9). Chi volesse approfondire, veda il Midrash Devarim Raba 11, 5.
[3] Termine cabbalistico, sul quale non ci soffermeremo.
[4] Si vedano i commento di Rashi e di Ramban su Bereshit 17, 22.
[5] Midrash Tanchuma, Parashà di Tetzavé.
[6] Per questo termine, si veda il glossario che abbiamo pubblicato insieme alle Leggi della Maldicenza.
[7] È ovvio il riferimento all'offerta dei Bikkurim, le primizie che l'ebreo deve recare al Cohen a Shavuot al Santo Tempio di Gerusalemme, quando questo è in attività. Speriamo di vederlo ricostruito presto nei nostri giorni Amen.
[8] Molte delle offerte del Santo Tempio devono essere accompagnate da vino. Il Talmud spiega in questo passaggio che chi vuole meritare di offrire offerte di vino al Santo Tempio di Gerusalemme, anche adesso che non è ancora ricostruito, può offrire vino ai saggi e agli studiosi. Il Talmud accompagna questo passaggio con una citazione dei Proverbi (8, 4) dalla quale si deduce che i saggi sono paragonati ai sacrifici del Tempio: offrire loro del vino è quindi come accompagnare di vino le offerte del Santo Tempio.
[9] Questo episodio biblico si trova in Genesi 28 (versi 11 e 18). Il notissimo commento talmudico che segue (ripreso anche da Rashi nel commento al versetto 11) si basa sull'apparente contraddizione tra il versetto 11 nel quale Giacobbe si corica su "pietre" (al plurale) e il versetto 18 in cui si risveglia su una "pietra" (al singolare). Oltre che in questo capitolo conclusivo del Mesilat Yesharim, il Ramchal aveva già citato questo Midrash nel primo capitolo.
[10] Attraverso questa allusione a Vaykrà 16, 3 l'autore compara l'accesso al livello della santità con l'ingresso di Aronne il Sommo Sacerdote nel santuario.
[11] Il Sommo Sacerdote del Santo Tempio di Gerusalemme, che sia presto ricostruito.
[12] Si veda lo straordinario discorso di Rabbi Yerucham Leibovitz sulla forza della solitudine (nostra traduzione per il sito dei Maestri della Torà).
[13] Allusione a un famoso detto rabbinico citato dal Talmud Bavli (trattato Makkot 10b) e da diversi Midrashim (Bamidbar Rabba 20, 12; Tanchuma Balak 8; Yalkut Shimoni, Torà 765 e Nach 133).
[14] Il testo originale usa il termine "chiave", espressione che deriva dalla citazione talmudica che seguirà un po' più avanti.
[15] Eliahu Hanavi, si veda l'episodio nel Primo Libro dei Re, 17.
[16] Si veda l'episodio nel Secondo Libro dei Re, 4.
[17] E più precisamente, "chiavi" nel testo talmudico originale.
[18] La Beraita di Rabbi Pinhas ben Yair, già citata nell'introduzione e che ha fatto da filo conduttore a tutto questo Mesilat Yesharim. Il lettore la troverà per intero nella nota 8 del capitolo 1.
[19] Da qui il nome scelto dall'autore per questo libro: "Mesilat Yesharim". In questa traduzione abbiamo adottato il titolo "Sentiero dei giusti", che è quello usato di frequente, ma una traduzione più letterale di "Yesharim" direbbe "retti", a significare il sentiero di coloro che scelgono la via retta nel loro servizio divino.

Testo originale in Ebraico del cap. 26 del Messilat Yesharim

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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduzione a cura di Ralph Anzarouth.
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