Il Sentiero dei Giusti (Mesilat Yesharim) Ramchal: Rabbi Moshe Chaim Luzzatto - Capitolo 21: Come acquisire la devozione



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Traduzione di Ralph Anzarouth


Come acquisire la devozione


Osservare e riflettere profondamente è il modo più efficace di acquisire la devozione. Infatti, l'uomo che riflette spesso all'immensa grandiosità del Signore benedetto, alla Sua infinita perfezione e alla smisurata distanza tra la Sua immensità e la nostra infimità, si riempie di timore e di soggezione davanti a Lui; e quando riflette ai Suoi numerosi atti di bontà nei nostri confronti, all’intenso amore del Signore benedetto per il Popolo Ebraico, alla vicinanza dei giusti a Lui, alle virtù della Torà e delle Mitzvot e ad altri concetti di questo tipo desunti dall’osservazione e dagli studi, è certo che ciò accende in lui una passione ardente: egli vorrà e deciderà di unirsi a loro, perché quando vede che il Signore benedetto è proprio un Padre per noi e ha compassione per noi proprio come un padre verso i suoi figli, di conseguenza si destano in lui la voglia e il desiderio di comportarsi con Lui come un figlio verso il padre.



Per farlo, l'uomo deve isolarsi nelle sue stanze e chiamare a raccolta tutte le sue facoltà e capacità intellettuali per osservare e analizzare queste verità. In questo, una grande perseveranza gli sarà certamente utile, insieme allo studio e alla riflessione sulle frasi e sui concetti contenuti nei Salmi del re David, la pace sia su di lui: poiché essendo tutti [i Salmi] colmi di amore, di timore e di ogni tipo di devozione, non mancherà di risvegliarsi in chi li studia una grande presa di coscienza, per seguire le Sue orme e andare nelle Sue vie. Anche la lettura degli atti dei devoti è utile, nei racconti che parlano di loro, perché tutte queste cose risvegliano la mente a ragionare e a imitare le loro nobili gesta. E questo è chiaro.



Ma ciò che corrompe la devozione sono le inquietudini e le preoccupazioni, perché quando la mente è inquieta e si agita dietro le proprie occupazioni e i propri affari non riesce a dedicarsi a questa riflessione, senza la quale la devozione è fuori portata; e le angoscie distolgono la mente e confondono le idee perfino in chi è già riuscito a diventare un devoto, impedendogli di rinforzarsi nel timore e nell'amore [di D-o] e negli altri aspetti che appartengono alla devozione, come esposto in precedenza. Perciò dissero i nostri Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Shabbat 30b): "La Presenza Divina non si manifesta laddove ci sono tristezza, pigrizia, frivolezza e futilità, ma solamente attraverso la gioia della Mitzvà". A maggior ragione, i piaceri e i divertimenti, che sono l'esatto contrario della devozione, inducono il cuore in tentazione affinché abbandoni tutto ciò che ha a che fare con l'astinenza1 e la vera conoscenza, per correre dietro a loro.



Invece, ciò che può proteggere l'uomo e salvarlo da questi fattori di disturbo è la sicurezza, cioè riporre le proprie speranze unicamente in Hashem, con la consapevolezza che non esiste nessuna possibilità di restare privo di qualcosa che gli è stato attribuito. Come dissero i Maestri di benedetta memoria nel loro detto (Talmud Bavli, trattato Betzà 16a): "Tutto il sostentamento di un uomo viene deciso per lui da Rosh Hashanà al giorno di Kippur". E dissero (ibid., trattato Yoma 38b): "Nessuno può carpire nemmeno un capello di ciò che è stato accordato2 al suo prossimo".



E questo decreto verrebbe eseguito anche a favore di chi se ne sta seduto a oziare3, se non fosse per la punizione comminata a tutti gli uomini e che dice (Genesi 3, 19): "Mangerai pane con il sudore della tua fronte", per via della quale l'uomo deve fare uno sforzo personale per il proprio sostentamento, avendo il Re Supremo decretato in questo senso: è come una imposta pagata da tutto il genere umano e alla quale non si può sfuggire. Così dissero nel Sifri4: "E questo vale perfino se si sta seduti a poltrire? No, perché è scritto (Deut. 28, 20) 'In tutte le attività che condurrai'." Benché [il sostentamento] non sia il risultato dello sforzo personale, tuttavia questo è indispensabile, perché grazie a esso l'uomo compie il suo dovere, in modo che la benedizione celeste si posi su di lui e che non abbia più bisogno di spendere i suoi giorni tra affanni e fatiche.



Il re Salomone, che la pace sia su di lui, disse (Proverbi 23, 4): "Non sfiancarti [nel tentativo di] diventare ricco, rinuncia al tuo ingegno.5" La scelta corretta è invece quella adottata dai primi devoti, la cui principale attività era lo studio della Torà, per la quale relegavano le loro attività professionali a un ruolo secondario. In questo modo, ebbero successo in ambedue (come testimonia il Talmud Bavli, trattato Berakhot 35b), perché una volta che l'uomo ha lavorato un po', da quel momento in poi deve solo avere fiducia nel suo Creatore e non provare disappunto per nessun evento terreno: in questo modo, la sua mente rimane libera e il suo cuore è pronto per compiere la vera devozione e il puro servizio di Hashem.


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Note del traduttore:
[1] Si veda il cap. 13 sull'astinenza (Prishut).
[2] Dalla Divina Provvidenza.
[3] Cioè: senza il peccato di Adamo ed Eva, anche chi si fosse astenuto da qualsiasi attività avrebbe ugualmente ricevuto ciò che la Provvidenza ha decretato in suo favore.
[4] Commento dell’epoca della Mishnà ai libri di Bamidbar e Devarim.
[5] Ovviamente, quando il versetto suggerisce di rinunciare al proprio ingegno non chiede di vivere come bruti bensì di applicare le proprie capacità intellettuali e il proprio talento a attività più nobili e spirituali, come lo studio della Santa Torà.

Testo originale in Ebraico del cap. 21 del Messilat Yesharim

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Tratto dal sito www.anzarouth.com : Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduzione a cura di Ralph Anzarouth.
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